Monumento ai Caduti di Piazza Tricolore a Catania, tra arte e degrado

Monumento ai Caduti di Piazza Tricolore a Catania, tra arte e degrado

 CATANIA – Tra le opere d’arte più bistrattate, martoriate, abbandonate di Catania vi è ai primi posti il Monumento ai Caduti di Piazza Tricolore, da anni in mano a chi, non comprendendone l’intrinseco valore storico e artistico ne ha fatto scempio.

Disprezzato dai più, definito “brutto” da chi non ha una grandissima familiarità con l’architettura contemporanea, il Monumento ai Caduti si inserisce in un quadro storico-artistico molto complesso e all’interno di un movimento architettonico internazionale definito “Decostruttivismo”, tra massime espressioni artistiche del Novecento.

Il Decostruttivismo contrapponendosi al Postmoderno e, soprattutto, al razionalismo architettonico, vuole de-costruire ciò che è costruito e in quest’azione estrapola un’architettura “senza geometria” (intesa come geometria euclidea), piani ed assi, con la mancanza di quelle strutture e quei particolari architettonici che sono sempre stati visti come parte integrante di quest’arte. Una non architettura, quindi, che si avvolge e svolge su sé stessa con l’evidenza e la plasticità dei suoi volumi. La sintesi di ciò è una nuova visione dell’ambiente costruito e dello spazio architettonico, dove è il caos, se così si può dire, l’elemento ordinatore.

Le opere decostruttiviste sono caratterizzate da una geometria instabile con forme pure, disarticolate e decomposte, costituite da frammenti, volumi deformati, tagli, asimmetrie e un’assenza di canoni estetici tradizionali. I metodi del decostruttivismo sono indirizzati a “decostruire” ciò che è costruito, una destrutturazione delle linee dritte che si inclinano senza una precisa necessità. Siamo davanti a un’architettura dove ordine e disordine convivono.

È in quest’ottica che va analizzato il Monumento catanese, cercando di guardarlo al di là degli sfregi che ha subito negli anni, come guardare una bella donna sfigurata nel volto dalle cicatrici di un amore malato. 

L’opera è stata realizzata dall’architetto catanese Giuseppe Marino, prematuramente scomparso alla fine degli anni ’80, che lo progettò con la collaborazione dell’artista professor Salvo Giordano, per la scultura centrale, e dell’artista professor Ugo Giuffrida, per i bassorilievi in ceramica.

Il progetto, denominato “Vortice”, fu il vincitore del concorso nazionale bandito dal Comune di Catania nel 1971 e fu approvato dalla Sovrintendenza con una nota del 7 aprile del 1979 e con un’altra, successiva, dell’8 agosto 1984.

Ed è un vortice vero e proprio quello ricreato dai movimenti sinuosi nello spazio da queste ali di cemento armato che sembrano esplodere come dopo la deflagrazione di una bomba.

Non è brutto come molti dicono e c’è persino chi ha proposto una raccolta firme per la sua demolizione ma è arte e come tale va tutelata, valorizzata e comunicata.

Bisogna educare all’arte in tutte le sue forme perché l’arte è il riflesso della società che l’ha prodotta e cosa meglio di un monumento che esplode con stridente, violenta, aspra forza, per ricordare ai posteri l’atrocità del conflitto bellico.

L’opera è stata oggetto negli anni passati di un’interrogazione parlamentare (28 maggio 2009) che, dopo gli interventi di manutenzione, ricordava al Comune di Catania e alla Sovrintendenza della provincia etnea che: il monumento ai caduti di tutte le guerre, in piazza Tricolore a Catania, ricade in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e soggetta alle disposizioni della parte terza del decreto legislativo n. 42 del 2004 concernente il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Quindi, al fine di evitare il pericolo di abbandono e di degrado che, in un prossimo futuro, potrebbe nuovamente verificarsi, si ritiene necessario valorizzare l’opera monumentale come luogo di eventi, ad esempio inaugurando le due sale espositive finora mai utilizzate.

Tale interrogazione e avvertimento ministeriale sono rimaste lettera morta, poiché basta aggirarsi nel monumento per vedere uno stato di degrado umano, oltre che ambientale, senza pari. Non sono tanto i graffiti, che potrebbero anche essere funzionali all’opera come espressione del tempo, ma escrementi, rifiuti, atti vandali, che rendono il posto non solo poco igenico ma soprattutto poco sicuro per le tante persone che ogni giorno vi transitano.

Il video che vedrete, realizzato dall’architetto Gaspare Mannoia, illustra, con eccelsi confronti, come il monumento dell’arch. Marino si inserisca nel grande panorama dell’architettura del Novecento.

Buona visione

 [wpvp_embed type=youtube video_code=on5gXc-nkwY width=670 height=377]