CATANIA – “Erede di Montanelli”, “comunista”, “amico di Santoro”, “antiberlusconiano”, “fascista”….sono solo alcuni dei nomignoli che negli anni sono stati affibbiati alla penna (probabilmente) più arguta e sferzante del giornalismo italiano degli ultimi vent’anni.
E cioè il direttore de “Il Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio, che da qualche mese porta in scena nei maggiori teatri italiani “Slurp”, tratto dall’omonimo libro dello stesso autore, nel quale attacca, con la consueta satira, politici, opinionisti, intellettuali, ma soprattutto giornalisti, una categoria professionale per troppo tempo al servizio di potenti del momento, dagli anni Venti ai giorni dell’era renziana (strepitoso il parallelo iniziale tra i proclami della propaganda fascista nei confronti delle attività sportive del duce e gli articoli di certa stampa e programmi della televisione pubblica a favore di Renzi!).
Sabato 5 marzo, presso il Metropolitan di Catania, in compagnia dell’attrice Giorgia Salari, il giornalista torinese ha incantato il numeroso pubblico, incollandolo alle poltrone (come fanno i politici con le loro, direbbe il Nostro) e esibendosi in una autentica lezione di Storia Contemporanea e di giornalismo, segnando nettamente il confine tra il vero giornalista, cioè quello che funge da cane da guardia della democrazia per informare l’opinione pubblica, fa le pulci al potere, e il giornalista cortigiano, che pur di ben figurare col padrone o col potente di turno è disposto a rimetterci la faccia, la dignità e la deontologia professionale, anche rimangiandosi quanto scritto pur di non scontentarli se essi stessi cambiano idea.
Spettacolo ironico, divertente, per nulla scontato, anzi riflessivo poiché invita a vigilare sull’informazione italiana che, anziché garantire a tutti noi un servizio eccellente, scrive articoli o manda in onda servizi celebrativi della classe dirigente del Paese.
Nelle circa 2 ore di esibizione i 2 artisti non risparmiano nessuno, poiché i giornalisti che scodinzolano ai piedi dei potenti non fanno distinzioni di colore politico, dai 3 governi Berlusconi, ai 2 di Prodi, a quelli di Monti e Letta nipote e, dulcis in fundo, quello del rottamatore Renzi….
Gli applausi finali sanciscono il successo dell’opera che, come l’autore stesso scrive nell’omonimo libro, dedica “…a chi usa la lingua per parlare, denunciare, per urlare, per fare pernacchie…”
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