“L’anniversario” di Andrea Bajani

“L’anniversario” di Andrea Bajani

Andare via si può, a volte si deve.
Una fuga a passo lento ma deciso, quella della pronuncia senza voce di un figlio proiettato al salto oltre il muro della sofferenza. Il legame di sangue si srotola come un vecchio tappeto dal quale è necessario disfarsi perché l’anima è stata sposa di deserto e nessun miraggio.

“La geografia è da sempre stata la sponda di ogni disfunzione familiare. Credo avvenga appunto per istinto, ancora prima che per emulazione: allontanarsi da ciò che ti fa male”.

“L’anniversario” di Andrea Bajani è un’opera tra biografia e romanzo istruiti al riferimento familiare che uno scrittore dalla levatura intellettuale di Bajani sente il dovere di sporgersi oltre la cornice formale di un vissuto. Sebbene un piccolo scampolo di sole sia sopravvissuto al perimetro genitoriale non è mancato il tempo della prepotenza apparecchiato da un’investitura paterna. Un padre, un marito, un piccolo uomo autoproclamatosi re indegno di quale corona?

La violenza sazia il cuore allergico al candore dei sentimenti. L’abuso sceglie la rotta cara a nessuno per ritrovarsi poi colpevole della melma psicologica ormai impraticabile palude.

È la storia di un anniversario girato di spalle nei dieci anni diffusori di echi di luce. Da dieci anni un uomo ha revocato l’identità di figlio quale primo attore di un peccato mortale.

“Onora il padre e la madre” recita il quarto comandamento cristiano, lui li abbandona entrambi con la strategia di un figliol prodigo qualunque.

“Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”.

Libero dalla famiglia dentro la quale avvertiva la morsa di un cordone ombelicale spietato, Bajani o un altro lui rifiuta la ripetizione della violenza sotto il tetto ormai diventato estraneo. Il padre approfitta della debolezza di moglie e figlio, ma in realtà è lui lo sventurato che grida al mondo tutto l’amore che non ha mai avuto. Quell’uomo incute brividi di paura, gli stessi che lui per primo sente accartocciare sulla sua pelle a causa della grande lacuna d’amore da cui è affetto.

La moglie subisce le nefandezze di un rapporto malato, incurabile ormai, una donna succube di una bilancia indecisa se vivere una maschera di pace o fare un salto nella ripida ascesa del tetto celeste.

“Il fatto che mia madre non avesse paura di mio padre fu in fondo il più grande tra i fraintendimenti della loro relazione, o – ancora una volta – l’indicibile segreto. E forse anche la disgrazia maggiore che travolse tutta la famiglia. Mio padre aveva infatti fondato la sua gestione del potere sull’intimidazione, sull’allusione cioè a scenari violenti che si sarebbero verificati se il nostro agire non fosse stato conforme alle sue volontà”.

Con la fotografia letteraria di una relazione siffatta non è impossibile pensare che forse lo status in ginocchio di quella donna non è mai stato fonte di paura, bensì figlio legittimo della condizione femminile.

La vita accade nei modi che non possiamo prevedere ma solo accettare chinando il capo in funzione di una regía incompatibile con i nostri sogni. A questi si riserva l’atmosfera delle ore in cui l’unica testimonianza muta è data da luna e stelle fedeli all’appuntamento notturno.

“L’anniversario” quindi romanzo d’incursione nella famiglia senza forzare la serratura. I toni pacati della scrittura si mantengono tali fino alla quarta di copertina dalla quale si ricava l’intenzione di rappresentare la normalità di una famiglia posseduta da emozioni sopra le righe.

“Quando anche la giornata sembrava filare lungo binari di una normalità ordinaria, pacifica nelle sue manifestazioni – cosa che, ripeto, avveniva in proporzione assai maggiore rispetto ai momenti di esplosione d’ira –, c’era sempre, parallelo, il crepitare del fuoco sulla stoppa, la possibilità che di colpo e per ragioni a noi incomprensibili, arrivasse lo scoppio”.

Il ritratto a penna per mano di un romanziere innamorato della versione poetica della cronaca domestica, non può non avvalersi di deboli assalti alla vile realtà per illustrare una normalità apparente. Ed è proprio in questo incrocio di stile che la posizione letteraria del Narratore e del Figlio viaggia su due binari paralleli con destinazioni diverse. Se di biografia si tratta, il sistema tipico del “romanzo” non avrebbe motivo di edulcorare righe già addestrate alla manipolazione della realtà.

La trasparenza della biografia è ben lontana dall’originale sottoposto all’identità creativa di un romanzo. La prima figura annulla qualsiasi velo disteso nella disposizione dei fatti, la seconda copre, aggiunge, maschera volti generando una sceneggiatura di giardini celesti. Chi non rimuove i parassiti dall’albero della verità vedrà crescere frutti dal sapore contraffatto.

Seguendo la bussola esplorativa di Bajani, il Figlio Narratore annuncia e denuncia, attraverso la scrittura, la storia di un matrimonio completamente disgiunto dalla virtù promessa, da ciò ne consegue che lo slittamento nel monologo recupera un equilibrio destinato al crollo in costanza del sentiero coniugale.

Il Figlio senza nome sceglie l’assenza per sopravvivere a se stesso. Il suo respiro non ha resistito alla stretta psicologica che, da un momento all’altro, avrebbe potuto far cedere l’umana sopportazione… cosicché l’unico elemento contrario alla fuga dimora nel pensiero a ritroso.

sara
Credit Pinterest