CATANIA – La poesia non è solo scrittura, è un vero e proprio modo di percepire il mondo che ci circonda. Ogni verso è una sfida della realtà tanto complicata quanto straordinaria, un tentativo di dare forma all’indicibile.
Con la sua prima raccolta di versi inediti dal titolo “Fiori diversi“, il catanese Dario Scardaci ci apre una vera e propria finestra sul suo universo interiore, offrendo ai lettori uno scritto autentico che parla di amore, solitudine, rinascita ma non solo. Una passione coltivata da anni che lo ha portato alla pubblicazione, racchiudendo emozioni, pensieri e frammenti di vita vissuta.
Ai microfoni di NewSicilia è intervenuto proprio l’autore, che ha voluto condividere con noi quello che lui stesso definisce “un momento di intima ispirazione“. Di un’ispirazione che è “un istinto che porta a manifestare ciò che si ha dentro“.
La fonte di “ispirazione”
Per molti, la poesia arriva come un lampo improvviso, ma per Dario Scardaci è stata una compagna silenziosa che ha trovato spazio tra le righe della vita quotidiana.
“Ho iniziato a scrivere spinto dagli stati d’animo differenti che ho attraversato in determinati momenti della mia esistenza“, spiega appunto.
“Mi ha ispirato qualsiasi cosa che abbia potuto tangere le sensibilità, come un ricordo, un quadro, un amore, un’amica, un amico, persino un fiore cresciuto sui muri delle strade, che per quanto possa essere banale, in fondo non lo è“, continua.
La “nascita” di “Fiori diversi”
E proprio da questa spontaneità nasce la sua prima raccolta di poesie, attualmente acquistabile in libreria. Il titolo “Fiori diversi“ non è una scelta casuale.
Oltre a creare un bellissimo gioco di parole (di-versi/diversi), c’è un elemento conduttore dei versi: “Quasi in tutte le poesie c’è la presenza di un fiore diverso che rappresenta un significato importante e soggettivo alla percezione del lettore. Ciò, appunto, permetterebbe di voler dare l’essenza di un profumo a seconda della propria entità“.
Naturalmente i grandi Maestri, così come per Omero le sue muse, ci sono sempre, anche per Dario: “Ho preso spunto da vari poeti come Charles Bukowski e Pablo Neruda, ma anche da grandi cantautori come Roberto Vecchioni, Franco Battiato, Francesco Guccini, che hanno fatto la storia della musica italiana”.
La libera esplorazione delle emozioni
Si esplorano, quindi, emozioni universali nel modo più nobile che esiste. L’amore, il dolore, il desiderio di connessione, ma anche la solitudine e la speranza, diventano elementi fondamentali, chiavi di lettura del mondo che ci circonda.
Il lettore diventa essenzialmente parte di quella ricerca intima, ma l’interpretazione dei versi rimane libera, mai vincolata o “pilotata” dall’autore.
Una scelta che ha un perché: “Non spiego le mie poesie perché mi piace lasciare spazio all’immaginazione del lettore. Ognuno può ritrovarsi nei miei versi e vivere le proprie emozioni“.
Tra tutte, spicca una poesia interamente in dialetto, pertanto sorge spontanea la domanda del perché questo “fiore diverso”. “È dedicata ai miei nonni che nel corso della mia vita sono stati e sono tutt’ora molto importanti. Hanno colto quell’essenzialismo che mi ha permesso di renderli paragonabili a dei genitori“, rivela senza – naturalmente – dare ulteriori indicazioni.
La forza della condivisione
La scrittura dell’autore è tanto introspettiva quanto comunicativa, un invito per il lettore a riflettere – in autonomia – sulla propria esistenza.
I versi sono accessibili, non c’è spazio per formalismi o virtuosismi linguistici: ogni parola è scelta con cura per essere compresa, sentita.
“Definirei la mia poesia come la libertà di un usignolo che esce da una gabbia e si perde libero tra le nuvole, venti e campagne fiorite“, afferma con una straordinaria metafora.
Questa volontà di condivisione è uno dei punti di forza di Dario Scardaci e della sua raccolta, che ha già conquistato i primi lettori grazie alla sua autenticità e immediatezza.
La poesia oggi
In un’epoca in cui la poesia sembra sempre più distante dal grande pubblico, Dario Scardaci investe tempo ed energie in un progetto che, sicuramente, gli darà tante soddisfazioni. La prima sicuramente quella di poter toccare con mano e sfogliare materialmente le pagine del suo libro che ha visto la luce e non è rimasto soltanto un’idea scritta su qualche foglio sparso qua e là.
“La poesia sembra ormai tramontata, ce n’è purtroppo poca. Nessuno ne vuol scrivere più. Ci può essere qualche scrittore che dedichi il suo tempo alla scrittura di romanzi che non è certo nulla da poco“, dichiara con un velo di rammarico.
Un futuro tra versi e progetti
Dario non ha intenzione di fermarsi qui. “Questo è solo l’inizio – afferma – perché scrivere è qualcosa che non posso evitare, è il mio modo di restare connesso con il mondo e con me stesso“.
E poi svela: “In cantiere ci sono già nuovi progetti. Sto preparando una seconda raccolta di poesie e un romanzo di fantasia di cui non vorrei ‘spoilerare’ nulla, per il fatto che è ancora in fase di scrittura. Inoltre, avendo avuto un passato di attore teatrale e musical, avevo già scritto due commedie dialettali che presto vorrei proporre a qualche compagnia teatrale“.
La poesia come “cura”
In un mondo che corre veloce, diventa necessario fermarsi, riflettere, sentire. Forse è proprio questo il potere della poesia: trasformare l’esperienza personale in qualcosa di universale, capace di risuonare in chiunque la legga.
E mentre Dario Scardaci prosegue il suo cammino tra nuovi progetti e futuri versi, le sue poesie diventano finestre spalancate sull’ignoto, pronte a rivelare ciò che spesso resta nascosto: non solo i pensieri dell’autore, ma anche e soprattutto le emozioni del lettore.
In un’epoca in cui siamo bombardati da immagini e parole vuote, i suoi versi sussurrano, anziché urlare. E proprio in quel sussurro, si crea uno spazio in cui l’immaginazione può fiorire liberamente.
Dario, come spiegato, non cerca di dare risposte, ma di farci porre nuove domande. Non c’è una verità assoluta nelle sue poesie, solo una serie di specchi in cui ognuno può scorgere un riflesso differente.
Le sue poesie sono dei “Fiori diversi” che non seguono la corrente del conformismo poetico, ma che “crescono” dove meno te lo aspetti, forti delle loro radici, che affondano in terreni difficili da esplorare. Ogni fiore non va colto, ma solo ammirato. E le parole, in fondo, si sa, non hanno confini, appartengono a chi le sa ascoltare.