Festa di Sant’Agata e riconoscimento Unesco, Marano: “Lavoriamo tutti per questo sogno”

Festa di Sant’Agata e riconoscimento Unesco, Marano: “Lavoriamo tutti per questo sogno”

CATANIA – Catania deve “lavorare e mobilitarsi per questo sogno, senza lasciare sole le istituzioni”. Così il presidente del Comitato Festa di Sant’Agata, Francesco Marano sul percorso per il riconoscimento Unesco della celebrazione.

“Servono idee, iniziative, orgoglio e tutela degli elementi che chiederemo all’Unesco di valorizzare. Lavorare al riconoscimento migliorerà la consapevolezza di tutti i catanesi, devoti e non”.

Sant’Agata verso patrimonio Unesco: “Valore enorme”

“Un vecchio adagio- continua Marano- di chi si mette in cammino dice: non è solo l’approdo che conta, ma il viaggio. Catania sta per intraprendere un ‘viaggio’ entusiasmante, quello di lavorare al riconoscimento della Festa di Sant’Agata come Bene immateriale dell’Unesco“.

“È un obiettivo di enorme valore, basti pensare alle ricadute turistiche ed economiche che ci sarebbero per il nostro territorio grazie al riconoscimento, il terzo dopo il barocco e l’Etna. Ma il percorso per arrivare all’obiettivo sarà altrettanto decisivo perché permetterà di migliorare la consapevolezza di tutti i catanesi, siano essi devoti o semplici cittadini, su quanto sia importante – anzi, direi fondamentale – la Festa per Catania”.

“Il protocollo di intesa – prosegue Marano – siglato poche settimane fa dalle istituzioni cittadine, a partire dal Sindaco di Catania Enrico Trantino, dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna e dal Rettore uscente Francesco Priolo e la successiva costituzione del Comitato promotore che redigerà i documenti necessari per la presentazione del dossier, rappresentano dei passi ufficiali“.

“Le istituzioni non vanno lasciate sole”

“Ma quelle istituzioni non vanno lasciate sole. Tutta la città deve mobilitarsi, dalla Regione al mondo produttivo con la Camera di Commercio, dai grandi enti pubblici e privati alla rete turistica, dal mondo culturale ai club service, dalla politica ai mass media. La storia dei riconoscimenti dei beni Unesco insegna che un territorio ha più chance se fa davvero massa critica. Raccontare alla città e soprattutto all’esterno cosa sia davvero questa Festa sarà quindi essenziale”.

“Entrare nel percorso Unesco porta una grande responsabilità. Soprattutto se dovessimo conquistare il riconoscimento, esso andrà meritato anno dopo anno con comportamenti virtuosi. Avremo un faro puntato addosso e quindi sarà necessario alzare il nostro standard di gestione della Festa, magari prendendo idee e spunti dal resto del mondo, ad esempio Siviglia con la sua Semana Santa, che per complessità, partecipazione e presenza di innumerevoli processioni ha delle chiare similitudini con la nostra Festa (non a caso abbiamo realizzato nel 2017 un gemellaggio tra i due eventi)”.

“Migliorare le nostre performance significa tutelare le caratteristiche che chiederemo all’Unesco di valutare, dalle Candelore che necessitano di protezione e restauro, ai vari momenti che compongono i Festeggiamenti, dalle tradizioni folkloristiche o civiche come le Carrozze del Senato alle varie processioni religiose, fino agli straordinari fuochi piromusicali della ‘sira o’ tri’, la cui realizzazione va senz’altro ripristinata anche in piazza Duomo, sempre ovviamente nella massima sicurezza”.

Le idee del presidente

“Mi permetto di lanciare due idee – afferma il presidente emerito del Comitato – che potrebbero essere utili a supportare il percorso che stiamo per intraprendere: uno è il restauro dello straordinario Busto Reliquario, realizzato a Limoges in Francia nel 1300 dall’artista senese Giovanni Di Bartolo, le cui cesellature, sotto la rete dei gioielli di Sant’Agata che noi tutti vediamo, si ossidano inevitabilmente anno dopo anno a causa del tempo, degli agenti atmosferici, del fumo delle candele durante le processioni“.

“È un problema di cui pochi parlano, anche per via della complessità e delicatezza di un intervento che appare necessario, come ci spiegò anche la Direttrice dei Musei Vaticani, che nel 2016 invitai a Catania insieme al Sindaco Bianco e all’Arcivescovo Gristina, per un consulto e un’ispezione straordinaria del Busto in Cattedrale; l’altra idea è quella di realizzare il Museo della Festa (se ne parla da tempo, da collocare ad esempio nel prossimo Museo della città in via Crociferi). Un luogo organico, multimediale, sensoriale e reale, con cimeli e storie, immagini e suggestioni, in cui davvero chi non conosce la Festa possa immergersi e capirne la grandezza”.

“Contento per la situazione”

“Sono molto contento che si stiano compiendo questi ulteriori passi ufficiali verso l’Unesco, a cui si interessò anche il Consiglio comunale con l’approvazione bipartisan di una mozione voluta dal Presidente Seby Anastasi pochi anni fa. Da Presidente del Comitato – insieme ai miei colleghi Barletta, Zimbone, Donzuso, Giordano, Di Blasi, Percolla – mi sono battuto per questo progetto, avviando i primi atti propedeutici. Il primo fu l’iscrizione della Festa al Reis, il Registro regionale dei Beni immateriali, che ottenemmo nel 2017; e poi una serie di interlocuzioni avviate con il Cunes, il coordinamento dei comuni siciliani sedi di siti Unesco, e soprattutto a Roma con l’Ufficio Unesco del Ministero dei Beni Culturali, anche grazie all’interessamento del Ministro (allora era Dario Franceschini) con cui parlai personalmente di questo progetto trovando grande disponibilità”.

“Proprio quell’Ufficio ci suggerì di ragionare in via preliminare su due questioni strategiche: incentrare il dossier Unesco su un unico aspetto, per esempio il Busto Reliquiario o il Fercolo, com’era accaduto per il riconoscimento delle ‘macchine’ di Viterbo, Nola, Palmi e Sassari utilizzate nelle feste religiose di quelle città, oppure presentare una domanda sui Festeggiamenti Agatini nella loro interezza? Formare una rete con altre feste con caratteristiche simili, preparando un dossier comune, oppure presentarci da soli?”

“Esaltare la Festa”

“Personalmente ritengo che puntare su un singolo aspetto sarebbe assai riduttivo e limiterebbe la caratteristica principale della Festa, cioè la sua coralità e la varietà di eventi, fatti e tradizioni che la compongono. Tanto è vero che sarà necessario esaltare tutta la Festa nella sua interezza e non solo l’aspetto devozionale (tenuto conto che nel mondo ci sono eventi religiosi di massa ancora più imponenti, basti pensare alle altre grandi religioni monoteistiche, in India o nei paesi arabi)”.

“Per quanto riguarda il secondo quesito sarebbe difficile individuare altre feste religiose con cui presentare una richiesta comune, tenuto conto che in Italia non esistono eventi simili a quello agatino. Dovremo quindi evidenziare in modo organico i tanti momenti e gli aspetti peculiari della terza festa cristiana più grande al mondo: religiosi, storici, artistici, antropologici, sociologici, urbanistici, folkloristici”.

“Da domani a lavoro”

“Sono convinto che – conclude Marano – se la città remerà in maniera compatta nella giusta direzione, potremo cogliere enormi vantaggi da questa iniziativa, non solo quelli evidenti di immagine. Ma soprattutto l’opportunità di proteggere e tutelare ciò che c’è dietro la Festa e che spesso si dà per scontato: tutte le grandi e piccole attività necessarie allo svolgimento dei Festeggiamenti, dalla delicata pulizia del Busto alla manutenzione del Fercolo, da come si trasporta una Candelora al complesso lavoro che svolge il Maestro del Fercolo Claudio Consoli coi suoi collaboratori”.

“Sono tutte tradizioni, a volte conosciute ma spesso nascoste, che vanno tramandate e insegnate, prima che si possano perdere, e che il possibile riconoscimento Unesco ci aiuterà a proteggere. Da domani, dunque, mettiamoci a lavorare per questo grande sogno che la città merita di vivere. Viva Sant’Agata!”