Fede, cultura e miracoli: Alfio, Cirino e Filadelfo, una vita tra torture e fede

Fede, cultura e miracoli: Alfio, Cirino e Filadelfo, una vita tra torture e fede

CATANIA – Da Lentini a Trecastagni, tutti festeggiano i tre Santi martiri Alfio, Cirino e Filadelfo. Un mix di cultura, fede e miracoli che nel mese di maggio vede gente da ogni dove riunirsi per pregare e festeggiare quei tre giovani uomini patroni della città di Lentini nati nella città di Vaste, in Puglia, nella prima metà del III secolo.

La storia dei tre Santi è travagliata, ricca di vicende e martiri. Sin dalla tenera età, Alfio, Cirino e Filadelfo, vennero educati dalla madre Benedetta, ad avvicinarsi alla fede cristiana aiutati, nel loro cammino, da un educatore di nome Onesimo.

Correva la primavera del 251 quando scoppiò la persecuzione contro i cristiani e fu proprio in quell’anno che la casa dei tre martiri venne denunciata: i soldati invasero la loro abitazione e arrestarono l’educatore insieme ai suoi discepoli. Presi, tirati per i capelli, malmenati: furono portati davanti a Nigellione il quale chiese loro che fede professassero. A gran voce risposero di essere Cristiani.

Sdegnato e irritato, il tiranno ordinò di rompere le mascelle all’educatore e di appendere i tre giovani fratelli per i capelli per un giorno intero rinchiudendoli in un’oscura prigione. Nonostante le torture, nessuno di loro pensò mai di rinnegare la fede di Dio: fu per tale ragione che Alfio, Cirino e Filadelfo, vennero portati a Roma in catene. Fu proprio lì che vennero rinchiusi nel carcere Mamertino dove, alcune testimonianze, raccontano che furono rinchiusi anche gli apostoli Pietro e Paolo. Per sette lunghi giorni rimasero rinchiusi con pesanti catene che impedivano loro di potersi muovere.

Leggende, narrano, che gli apostoli Pietro e Paolo avvisarono i tre fratelli delle torture che da lì a poco li attendevano.

Poco dopo, vennero condotti davanti al Prefetto di Roma, ai tempi Licinio, al quale risposero a gran voce di essere Cristiani e fedeli servitori di Dio. Furono flagellati quasi fino alla morte ma non si spensero mai: non contento, Licinio, li inviò a Pozzuoli, da Diomede, con l’ordine di ucciderli o persuaderli.

Furono cinque i lunghi giorni di viaggio per giungere a destinazione: lì, Diomede, capì che i discepoli e l’educatore non avrebbero mai mollato la presa e fu per questo che Onesimo venne ucciso schiacciato da un grosso masso, facendo uccidere gli altri discepoli. A scampare alla morte furono soltanto Alfio, Cirino e Filadelfo. Quello che li attese furono infinite torture che durarono otto giorni. Subito dopo vennero affidati a cinquanta soldati con a capo Silvano ed è tramite lui che vennero mandati, in catene, in Sicilia.

Era il 25 agosto 252 quando giunsero a Messina per poi essere trasportati scalzi e incatenati a Taormina: lì ad attenderli c’era Tertullo. Quest’ultimo si mostrò gentile e premuroso all’inizio, facendogli togliere perfino le catene ma poi, subito dopo aver chiesto loro quale religione professassero e sentito rispondersi, la religione Cristiana, impazzì. Ordinò che gli venissero rasi i capelli, legati per le spalle ad una grossa trave e versato loro pece bollante sui loro capi.

Ancora martiri e ancora sofferenze, fin quando vennero affidati a quaranta soldati e portati a Lentini. Era il 28 agosto 252 quando dopo un lungo viaggio sotto il sole cocente, arrivarono a Mascali, nei pressi di un abitato che anni dopo venne rinominato “Sant’Alfio”. 

Dalla lunga sofferenza, Filadelfo svenne e la morte stava per sopraggiungere ma i due fratelli, spinti da quella fede che mai li abbandonò, pregarono così tanto che un miracolo accadde: i tre martiri, vicino ad una roccia, videro apparire un vecchio che, secondo alcune leggende, pare fosse l’apostolo Andrea, che li liberò dalle catene e li guarì dalle bruciature al capo.

Il viaggio riprese poco dopo sotto gli occhi attoniti dei soldati. La strada che scelsero fu in salita, un viaggio ripido tra rocce e montagne, poiché la strada nei pressi del mare era interrotta da una colata di lava dell’Etna. Durante il percorso, fecero sosta a Trecastagni, dove si riposarono e dove, oggi, sorge un Santuario in onore dei Santi martiri che divennero successivamente i patroni del Paese.

Il viaggio proseguì fino a giungere a Catania dove trascorsero la notte nella prigione che si trova dentro la chiesa dei Minoritelli. Il giorno seguente, il cammino riprese verso Lentini, fino a giungere al fiume Simeto. Ingrossato, le acque del fiume non permettevano l’attraversamento ma lì, un nuovo miracolo avvenne: il fiume si abbassò e i tre fratelli raggiunsero l’altra riva facilmente, a differenza dei soldati che dovettero attendere quattro giorni per poterlo attraversare.

Giorni dopo, raggiunsero la contrada Palmiere, all’entrata nord di Lentini. Qui videro un giovane impossessato dal demonio, i tre fratelli iniziarono ad invocare Dio e sotto lo sguardo incredulo dei soldati, del giovane e della madre di quest’ultimo, avvenne il terzo miracolo. Fu proprio allora che anche i soldati capirono di volersi convertire al Cristianesimo. Il viaggio proseguì verso il foro della città.

La voce del miracolo avvenuto si sparse velocemente e fu per tale ragione che una donna di nome Tecla, nobilissima matrona di Lentini, educata anch’essa alla fede cristiana, chiese l’aiuto dei tre fratelli per guarire da una misteriosa malattia che la teneva a letto. Il miracolo avvenne anche in quel caso.

Alessandro, il ministro di Tertullo, ordinò allora di custodire i tre fratelli nel carcere, chiamato oggi Grotta dei Santi. Nel dicembre del 252, Tertullo, tornò a Lentini, meravigliato di trovare Alfio, Cirino e Filadelfo, ancora in vita. Ancora torture, ancora domande per capire se i tre fratelli decidevano di convertirsi, ma niente. I tre martiri continuavano a seguire Dio e nonostante le torture più spietate, la fede li aiutava sempre.

 

Imbestialito, Tertullo, decise allora di rinchiuderli in una stanza e lasciarli senza viveri fino al sopraggiungere della morte: trascorsero tre lunghi giorni quando apparì loro in sogno Sant’Andrea che li guarì. Nudi e legati mani e piedi, furono trascinati per le vie della città, ragione per la quale, oggi, si effettua il “giro santo”.

A nulla valsero le torture, la fede che viveva in Alfio, Cirino e Filadelfo, era più forte di tutto: fu allora che Tertullo li uccise. Alle prime luci del 10 maggio 253, vennero portati in tribunale. Anche lì vennero minacciati e tormentati ma i tre fratelli si dichiaravano felici di morire per la loro fede.

Fu allora che ad Alfio venne strappata la lingua, Cirino venne gettato all’interno di una caldaia bollente di pece e Filadelfo venne arso vivo su di una graticola. Il 10 maggio, in Sicilia, i tre Santi martiri vengono ricordati, festeggiati e lodati. 

A loro sono chiesti i miracoli più importanti, le grazie che sono difficili da realizzare e che solo chi ha una forte fede può credere e sperare si realizzino. Ma di questo ve ne parleremo domani.

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