CATANIA – Proprio oggi, 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la Presidente di Impresa Donna Catania (coordinamento imprenditoria femminile di Confesercenti Catania), Giusi Maccarrone, ha deciso di dire la sua contro un problema che persiste da troppo tempo e che ad oggi non ha una soluzione e fa “acqua da tutte le parti“.
Stiamo parlando della lotta contro le donne che subiscono violenza. Non solo fisica, ma anche psicologica. Vittime, non solo dei loro carnefici, ma anche di uno Stato che non le protegge e salvaguardia come di dovere.
Cosa accade alle donne che decidono di denunciare
Secondo la Presidente Maccarrone, infatti: “Il problema resta sempre quello che le donne sono diventate nel tempo vittime due volte: la prima da parte dei loro aggressori, la seconda del Governo. Quando una donna decide di denunciare, dopo aver trovato il coraggio per dire ‘no’ a maltrattamenti e abusi, scatta la macchina dell’organizzazione dello Stato Italiano che porterà la vittima a finire in un Centro Antiviolenza. Queste strutture, non organizzate come di dovere, finiscono per togliere quel minimo di libertà che a una donna poteva rimanere. Si ritrovano rinchiuse dentro quattro mura, senza alcun diritto, nemmeno di rifarsi una vita, trovarsi un lavoro e ricominciare, da zero. Si parla di situazioni che vanno avanti anche fino a diversi anni. Un calvario che finisce e un altro che inizia“.
Soltanto nella Provincia di Catania si conta l’11% di donne vittime di violenza.
La questione Reddito di Libertà
Nell’agosto scorso, la Regione Siciliana, ha emesso un invito per richiedere il finanziamento del Reddito di Libertà. Quest’ultimo dovrebbe sostenere le donne vittime di violenza e i loro figli, al fine di aiutarli ad uscire dalla situazione di abuso e promuovere la loro indipendenza economica, l’occupabilità o la possibilità di avviare un’attività imprenditoriale. L’obiettivo è di offrire un sostegno alle donne di riprendere in mano le redini delle loro vite e di quelle dei loro figli, per intraprendere un nuovo cammino libero dalla violenza subita.
A disposizione anche 236.063 euro, fino a esaurimento fondi, destinati ai Comuni che – in collaborazione con Centri Antiviolenza o strutture di accoglienza con indirizzo segreto, registrate nell’albo regionale – intendono avviare un progetto personalizzato a favore delle donne vittime di abusi e maltrattamenti, anche in presenza di figli minori o disabili.
Ma attenzione: ogni donna può richiedere un contributo annuo non superiore a 10.000 euro.
Pochi spiccioli per ricominciare da zero
“Stiamo parlando di poche centinaia di euro al mese – continua la Presidente Maccarrone -. Come può con queste cifre una donna ricominciare da dove aveva messo un punto? Servono fatti e non parole. Servono aiuti concreti e più proficui. Ma soprattutto serve prevenzione, non per le donne, ma per gli uomini“, continua la Presidente Maccarrone.
“Nessuno si è mai chiesto perché il problema sulle continue violenze contro le donne continua a non essere risolto. Si mira a rinchiudere le donne che denunciano e a lasciare liberi, invece, gli aggressori. Quando qualcuno di questi finisce in carcere, riceve un aiuto psicologico che, a questo punto, ci chiediamo perché non possa essere dato prima“.
Il caso di Giulia Cecchettin
Noto alle cronache locali l’ultimo caso di femminicidio del Padovano, quello di Giulia Cecchettin. Sull’omicidio della giovane sono emersi dettagli agghiaccianti. “Filippo Turetta, l’assassino ed ex fidanzato, dormiva con un peluche e ha dichiarato più volte a Giulia il suo intento di volerla fare finita. E invece ha ucciso lei. Nessuno si è reso conto che questo ragazzo aveva bisogno di aiuto. Sostegno e supporto che riceverà dal carcere, adesso che Giulia non c’è più. E allora perché non fornire questa assistenza agli uomini prima che possano commettere atti di violenza?“.
Perché bisogna aiutare gli uomini prima di rendere le donne due volte vittime
“Ad ogni incontro sulla violenza contro le donne – conclude la Presidente Maccarrone – le parole sono come fiumi in piena, che travolgono ma restano lì. E se allora una donna non può essere privata della libertà da parte di un uomo, perché lo Stato può rinchiuderla in un Centro Antiviolenza e privarla della sua vita? Che si faccia qualcosa di concreto. Che il Governo inizi a dare aiuti, stanziare fondi, fornire assistenza psicologica agli uomini. Perché la soluzione è curare chi ha di bisogno, e non rendere le donne vittime due volte di una vita che spesso viene pagata a caro prezzo“, conclude la Presidente di Impresa Donna Catania, Giusi Maccarrone.
In foto a destra la Presidente di Impresa Donna Catania, Giusi Maccarrone