Vagliasindi, vicepresidente UGPI: “Cosa vogliamo fare per Catania?

Il vicepresidente nazionale dell’Unione giovani professioni italiani, Ettore Vagliasindi, scrive alla redazione di Newsicilia.it per sottoporre  alla sensibilità ed all’attenzione di tutti, non solo di noi giornalisti, una riflessione su “Catania e il suo male di vivere”, ma anche dell’essere.

Abbiamo scelto di pubblicarla, senza alcun commento, perché riteniamo che, di fatto, essa rappresenta un’occasione, per le persone di buona volontà e di onestà intellettuale, per un dibattito su come è e come dovrebbe essere questa città.

Una sola osservazione, però, solo per dissuadere dal partecipare i soliti parolai: Vagliasindi non fa riferimenti a schieramenti politici, né di oggi né di ieri, che hanno amministrato Catania. Chiede e ci chiede: cosa oggi, tutti, possono e debbono fare, non dire, ma fare.

CATANIA E IL SUO MALE DI VIVERE

L’aggressione al ciclista avvenuta qualche giorno addietro al lungomare di Catania costituisce l’emblema di un disagio economico e sociale ancora più grande che include giovani e meno giovani, di qualsiasi estrazione sociale.

Le frequenti risse di adolescenti, le rapine o i molteplici suicidi di imprenditori e commercianti, che accadono quotidianamente tra i quartieri di Catania, seppur apparentemente senza alcun nesso logico, sono un esasperato e comune grido d’allarme che ci impone una riflessione scevra da giudizi affrettati.

In primis, è opinione comune che qualsivoglia atto di violenza debba essere condannato ma parrebbe opportuno capirne le motivazioni per evitarne altri.

Ettore Vagliasindi

Al di là delle scelte condivisibili da parte dell’amministrazione Bianco che riguardano le poche attività ad oggi intraprese (come il Tondo Gioeni, il Lungomare Liberato e la rotatoria del Corso delle Province), è giunto il momento che le istituzioni diano risposte concrete ai cittadini stretti dalla morsa della crisi.

Il benessere di una città è, infatti, determinato, da due principali funzioni che essa assolve nel territorio di competenza: la prima riguarda tutte le funzioni interne alla città per bisogni correnti e quotidiani; la seconda include tutti quei fattori esogeni rispetto alla città stessa che alimentano l’urbanizzazione e che attraggono residenti di altri paesi; fattori come produzione di beni e servizi che in quanto “esportati” costituiscono il motore della crescita economica, culturale e sociale.

È quindi evidente che la realizzazione di nuove opere viarie o manifestazioni a cadenza mensile, sebbene rilevanti, non risultano nell’immediato indispensabili per affrontare una crisi economica senza precedenti.

Bisogna, invece, attivare strategie di promozione e salvaguardia del nostro apparato produttivo e industriale in quanto la nostra città è ancora in grado di attrarre nuovi investimenti grazie alla localizzazione geografica centrale nel bacino del Mediterraneo, al basso costo del lavoro rispetto ad altri competitors europei, alla spinta economica di settori della new-economy e al frequente riconoscimento internazionale di start-up ideate da giovani siciliani.

La città ha bisogno di una seria politica industriale volta altresì a richiamare il commercio verso la città invertendo la politica scellerata degli ultimi decenni. È infatti evidente che la sua costante delocalizzazione verso la periferia favorisce sempre più l’economia dei grandi gruppi multinazionali, poco attenti alla promozione dei nostri prodotti e delle nostre eccellenze: la speculazione immobiliare avvenuta con i centri commerciali danneggia l’imprenditore e l’artigiano locale e lo scenario nell’immediato futuro può essere devastante per la nostra economia.

Possiamo affermare che la nostra amministrazione, in sinergia con il governo regionale e nazionale, hanno una grande responsabilità: assicurare un presente certo a tutti i cittadini perbene e garantire un futuro ai tanti giovani delusi.

Mi ritorna in mente la poesia di Eugenio Montale secondo cui il “male di vivere” rappresenta la più drammatica testimonianza della crisi spirituale dell’uomo moderno, in una società che sembra sul punto di spezzarsi e dissolversi.

Aggiungo che il male di vivere è anche l’incapacità dell’uomo di comunicare, è emarginazione, “male dell’essere” in quanto la crisi attuale ci impedisce di avere delle certezze, dei valori in cui credere, di conoscere la realtà e persino noi stessi.

È la stessa condizione che accomuna i ragazzi napoletani (che hanno violentato e picchiato un adolescente), i commercianti catanesi, gli imprenditori locali, i pensionati.

Un grido disperato affinché la politica ci ascolti. Se non ora quando?

Ettore Vagliasindi

vicepresidente nazionale Unione Giovani Professioni Italiani