CATANIA – Le ultime due scosse di terremoto avvenute nel Catanese nella mattinata di domenica e mercoledì pomeriggio, entrambe vicino a Zafferana Etnea, seppur in due punti diversi, hanno riacceso il dibattito riguardo all’attuale attività attorno all’Etna.
Il ricordo del sisma della notte di Santo Stefano è ancora molto vivo, specialmente tra gli abitanti della zona, nella quale nelle ultime settimane stanno andando avanti le opere di ricostruzione degli edifici che hanno subìto i maggiori danni. Ma lungi dal creare facili allarmismi gli esperti sismologi dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) di Catania, assicurano che questi episodi sono di routine all’interno del vulcano.
Salvatore Alparone, responsabile dell’Unità Funzionale Sismologia dell’Ingv, spiega come ci sia stata una piccola ripresa dell’attività sismica, ma anche come i valori di magnitudo registrati in queste ultime due scosse siano del tutto normali in un vulcano attivo come l’Etna.
“Le due scosse – afferma Alparone – avvenute rispettivamente domenica in contrada Cassone, dove c’è il monte Pomiciaro, e mercoledì a un chilometro e 300 metri a est di monte Fontana, alla fine della parete nord della Valle del Bove, per i loro livelli di magnitudo, rientrano nella norma in un vulcano dinamico come il nostro. Siamo a ridosso di un’eruzione di Santo Stefano, cosa che porta il cittadino a pensare che i due eventi sismici possano essere correlati, e sembra che ci sia una leggera ripresa dell’attività sismica, ma certamente una rondine non fa primavera. Le attività vulcaniche che ci sono state dopo sono di natura sommitale e tra l’altro, se non ci fossero questi eventi sarebbe anzi quasi un’anomalia, perché significherebbe che le faglie starebbero acquisendo energia senza rilasciarla e in seguito potrebbero farlo con un terremoto più forte”.
Anche i livelli di profondità indicano che le scosse rientrano nella norma. In particolar modo quella di mercoledì, che è avvenuta più in basso, non comporta nulla di eclatante, specie per la zona nella quale è avvenuto.
“Un terremoto che noi abbiamo rilocalizzato a 5 chilometri di profondità – conclude Alparone -, livello più usuale, non ha un seguito in una zona come quella vicino a Milo. Riguardo a quello di domenica, che ha avuto luogo a 3 chilometri, seppur più superficiale, non c’è fagliazione del terreno, come fu per Santo Stefano. Noi siamo sempre sul chi vive e vedremo cosa succederà nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, ma ci auguriamo di non creare facili allarmismi”.