Tratta di persone e prostituzione per oltre 1 milione di euro: sgominato sodalizio criminale nigeriano

Tratta di persone e prostituzione per oltre 1 milione di euro: sgominato sodalizio criminale nigeriano

CATANIA – Il 12 ottobre 20121, il Tribunale di Catania ha emesso una sentenza di condanna, nei confronti di un sodalizio criminale, i cui membri erano stati ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonché di plurime ipotesi di tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

Confermando l’impostazione accusatoria, sono stati irrorati complessivamente 136 anni di reclusione, così ripartiti:

1. OBASWON Osazee (cl.’87), anni venti di reclusione;
2. ARASOMWAN James (cl.’88), anni otto mesi sei di reclusione e 14.800,00 euro di multa;
3. BENSON Macom (cl.’91), anni dodici di reclusione;
4. WILLIAM Tessy (cl.’91), anni quindici mesi sei di reclusione;
5. OGHOGHO Evelyn (cl.’94), anni nove mesi otto di reclusione;
6. EKAIRIA Faith (cl.’81), anni tredici di reclusione;
7. NOSA Joy (cl.’78) anni quindici mesi quattro di reclusione;
8. OGBEIWI Nelson (cl.’84), anni dodici mesi sei di reclusione;
9. JOHN Belinda (cl. ’80), anni sei di reclusione e 12.000 euro di multa;
10. AIWUYO Rita (cl. ‘72), anni tredici mesi quattro di reclusione;
11. UWADIAE Julius (cl. ’78), anni dieci di reclusione.

La sentenza sopra indicata va ad aggiungersi ad altre sentenze di condanna già emesse in precedenza: nel periodo decorrente dal mese di luglio 2018 al mese di luglio 2021 sono stati complessivamente irrogati 545 anni di reclusione nei confronti di numerosi autori del delitto di tratta di esseri umani, tratti a giudizio dalla DDA di Catania a seguito di lunghe e complesse indagini, curate per la maggior parte dalla Squadra Mobile di Catania.

Ai destinatari della misura erano state contestate anche le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito mediante minaccia attuata attraverso la realizzazione del rito religioso-esoterico del voodoo, approfittando della peculiare situazione di vulnerabilità e di necessità delle vittime(talvolta minori), mediante inganno consistito nel tacere l’effettiva destinazione e nel rappresentare falsamente la possibilità di svolgere un’occupazione lavorativa lecita, ciò al fine di sfruttare la prostituzione.

Il provvedimento restrittivo accoglieva gli esiti di un’articolata attività investigativa di tipo tecnico avviata dagli investigatori della Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione, con il coordinamento della D.D.A. etnea, a seguito delle dichiarazioni rese da una giovane donna nigeriana giunta in data 7.4.2017, unitamente ad altri 433 migranti di varie nazionalità, presso il porto di Catania a bordo della motonave “Aquarius” della O.N.G. “S.O.S. Mediterranée”.
Durante le fasi di accoglienza dei migranti un team di investigatori della Sezione Criminalità Straniera, specializzato nella cd. early identification di presunte vittime di tratta, individuava un soggetto vulnerabile, “Giuly” – nome di fantasia, n.d.r., che, escussa, dichiarava di aver lasciato il suo paese perché convinta da un connazionale di nome “Osas”, che le aveva proposto di raggiungerlo in Italia, promettendole un lavoro lecito e anticipandole le spese del viaggio.

Dal racconto della giovane emergevano plurimi dettagli sulla fase del reclutamento in Nigeria (dalla indicazione del Ju-Ju man ovvero lo stregone che aveva officiato il rito, alla procedura del giuramento e della sottoposizione al rito Ju-Ju, sotto la minaccia del quale la giovane aveva assunto il solenne impegno di non denunciare, di non fuggire e di pagare il debito d’ingaggio assunto, ammontante a 25.000 euro) alla fase del trasferimento in Italia dalla Libia ove veniva imbarcata su un natante di fortuna per poi essere soccorsa insieme agli altri migranti e condotta a Catania.

L’attività tecnica permetteva di identificare il richiamato “Osas” nell’indagato OBASWON Osazee, dimorante a Messina che, dopo qualche giorno dal collocamento di “Giuly” – nome di fantasia, n.d.r., in una struttura protetta, si attivava per prelevarla, portandola presso la sua abitazione ed avviandola al meretricio.

Le indagini tecniche, corroborate da attività di tipo tradizionale, coordinate dalla locale Procura Distrettuale della Repubblica e condotte dal personale della Sezione Criminalità Straniera della Mobile di Catania, consentivano di ricostruire un network criminale transnazionale, con cellule operative in Nigeria, Libia, Italia ed altri paesi europei, specializzato nella lucrosa attività di human trafficking, permettendo di accertare numerose vicende di tratta (almeno 15) ai danni di altrettante connazionali

il leader del sodalizio, OBASWON Osazee, collaborato in madrepatria dai familiari addetti al reclutamento, con William Tessy detta Silvia, da ARASOMWAN James detto James; una componente “nigeriana” (familiari di alcuni degli indagati e altri soggetti con il ruolo di reclutatori); una componente “libica” (costituita dal connection man cui i sodali erano soliti rivolgersi per il trasferimento via mare verso l’Italia delle vittime).

Grazie agli sforzi congiunti dei sodali nell’arco di quasi 8 mesi venivano registrate le vicende correlate al reclutamento, al trasferimento in Italia, alla gestione su strada di numerosissime vittime di tratta. Alcune delle vittime venivano immesse nel circuito della prostituzione delle strade messinesi, dove l’indagata JOHN Belinda (già tratta in arresto da questo Ufficio per il delitto di tratta di esseri umani e già condannata per detto titolo di reato), risultava gestire alcuni joints (postazioni lavorative su strada) e alla quale venivano rimessi da alcuni dei sodali i canoni mensili per singola posizione occupata, previa riscossione del relativo importo.

La particolare expertise maturata dall’associazione investigata non passava inosservata ad altri soggetti aventi gli stessi interessi affaristico criminali dei sodali: questi ultimi, infatti costituivano punto di riferimento per altri connazionali, anch’essi impegnati nel settore della tratta di esseri umani, i quali chiedevano consigli, contatti o supporto logistico e, talvolta, offrivano anche ausilio per la gestione di vittime, pur continuando a gestire le proprie vittime (ci si riferisce agli indagati EKAIRIA Faith, NOSA Joy, AIWUYO Rita ed ad altri 4 indagati non rintracciati sul territorio nazionale).

Il collegamento tra i vari componenti del sodalizio e gli altri connazionali sopra menzionati permetteva di ricostruire ulteriori ipotesi di tratta svolgentesi al di fuori del perimetro associativo.

A Messina risultavano attivi in tal senso, gli indagati ARASOMWAN James e BENSON Macom incaricati, tra l’altro, della riscossione del canone di locazione dei joints spettante alla “proprietaria” dei posti (l’indagata JOHN Belinda) mentre ulteriori basi operative risultavano dislocate a Novara, dove dimoravano WILLIAM Tessy e OGHOGHO Evelyn, a Verona quale luogo di dimora di EKAIRIA Faith e NOSA Joy ed, infine, a Mondovì (CN), sede della madame AIWUYO Rita.

In particolar modo la rete di rapporti vantata dai sodali su tutto il territorio nazionale e all’estero permetteva di evidenziare dei trends nella realizzazione del delitto di tratta di esseri umani che, emersi occasionalmente in passato, sembravano esser in corso di stabilizzazione e, in particolare venivano rilevate due prassi: la esternalizzazione dei servizi correlati alla gestione delle vittime (in buona sostanza, mentre in passato le vittime raggiungevano subito il proprio trafficante che si occupava di ospitarle e della loro messa a reddito, nel corso dell’indagine emergeva una sorta di “amministrazione conto terzi“ della vittima ( il soggetto che aveva finanziato e organizzato il viaggio della vittima la inviava presso un altro soggetto cui delegava “in toto” la messa a reddito, il controllo del meretricio, la percezione dei guadagni e l’invio degli stessi); la triangolazione dei pagamenti delle somme a scomputo del debito di ingaggio (a differenza di quanto rilevato in precedenti indagini ove la vittima generalmente versava nelle mani del trafficante le somme provento del meretricio, alcune madame adottavano una diversa modalità di pagamento.

Le vittime erano costrette a inviare le somme direttamente al voodoolista che in Nigeria le aveva sottoposte al “juju” ovvero ai propri parenti affinché questi ultimi versassero le somme al voodoolista; il voodoolista al momento della ricezione delle somme avvisava la “madame” o i di lei parenti in Nigeria e questi ultimi si recavano dal voodoolista per incassare le somme nell’interesse della congiunta, somme che ovviamente restavano in Nigeria.

Il volume di affari generato da detti traffici illeciti veniva gestito grazie al coinvolgimento di altri connazionali che si prestavano per trasferire, attraverso canali non ufficiali, la massima parte del denaro in Nigeria (ove veniva impiegato in investimenti immobiliari) ovvero per trasferirlo ai connection men libici in pagamento di nuovi viaggio di nuove vittime.

Dall’analisi dei flussi di denaro movimentato attraverso le carte di credito e postepay emerse nel corso delle indagini (e tutte sottoposte a sequestro) risultavano accertate operazioni nel periodo di interesse per un ammontare complessivo pari a 1.200.000,00 euro.