CATANIA – Avrebbero retto una grossa organizzazione di tratta di persone e favorito l’immigrazione clandestina con le aggravanti non soltanto di avere messo in pericolo la vita dei migranti, ma anche di aver approfittato delle giovanissime per farle prostituite. Parliamo dei reati commessi da Michalel Uyi Aigieator, 34 anni, detto “Innocent” e arrestato a Cagliari e Pamela Ehigiator, 26 anni, arrestata anche lei a Cagliari.
I due coniugi, sono stati beccati e messi agli arresti domiciliari nel loro appartamento, ma quando gli agenti sono entrati in casa hanno trovato due minorenni nigeriane che avrebbero dovuto immettere nel mercato nero della prostituzione.
Nello specifico, i due malviventi, utilizzavano barconi fatiscenti su cui facevano imbarcare centinaia di migranti senza disporre di alcuna misura di sicurezza. Il loro obiettivo principale era, appunto, deportare donne da fare prostituire.
A puntare i riflettori sulla squallida pratica sono state le dichiarazioni, rese da “Sweet”, nome di fantasia, una 15enne nigeriana che nell’aprile 2016 ha raccontato la propria drammatica storia dopo essere giunta a Catania nel marzo 2016 a bordo della nave Guardia Costiera romena “Mai0201”.
La minore ha spiegato che il suo calvario è iniziato quando ancora si trovava nel suo Paese: tramite una parente, ha conosciuto due coniugi nigeriani che vivevano in Italia e che si erano offerti di organizzarle il viaggio verso “Il bel Paese”, alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Per sfuggire alle condizioni di estrema povertà, quindi, “Sweet” aveva accettato di imbarcarsi, creando un debito del valore di 30 mila euro nei confronti dei propri aguzzini, ma non sapeva che una volta giunta in Sicilia avrebbe dovuto ripagarlo vendendo il proprio corpo.
Ma non è finita qui, in quanto dai raccapriccianti racconti di “sweet” è emerso che la minorenne sarebbe anche stata sottoposta a riti voodoo, quando ancora si trovava in Nigeria, precisamente a Benin City, in casa di “Ju ju man” e di non essere stata la sola a subire questo supplizio in quanto anche un’altra giovanissima “Beauty” ha affrontato il suo stesso difficile percorso fino in Italia.
Le indagini della Procura di Catania, scattate immediatamente dopo le confessioni della giovane nigeriana, hanno permesso agli inquirenti di accertare che i due aguzzini si servivano di un complice in Nigeria che aveva il ruolo di reclutare e selezionare le vittime degli abusi e faceva “cassa” riscuotendo quotidianamente del denaro.
Proprio il complice in Nigeria ha permesso ai coniugi connazionali, residenti in Italia, di minacciare “Sweet” allo scopo di costringerla ad allontanarsi dalla comunità per minori in cui era stata portata dalle autorità italiane.
In un primo momento ci sono anche riusciti, la giovanissima terrorizzata dai racconti dei familiari aveva lasciato il luogo sicuro dove era stata portata per riincontrare i propri aguzzini, ma fortunatamente la squadra mobile l’ha presto rintracciata e nuovamente portata nella struttura protetta.
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