“Chi tocca Sant’Agata si può considerare morto”: botte e minacce per un 17enne catanese

“Chi tocca Sant’Agata si può considerare morto”: botte e minacce per un 17enne catanese

CATANIA – Una storia che ha del paradossale quella vissuta da Rouben, 17enne catanese che si è visto rivolte pesanti minacce degenerate poi nella violenza più crudele.

Il motivo? Sarebbe da ricercare in un social, il giovane aveva infatti scritto su Facebook: “Na statua ca avi l’occhi e non viri, avi a ucca e non para, avi aricchi e non senti, stati mpazzennu p’avviriri na statua ca furia pa via Etnea? Bah”.

Parole che non sono passate inosservate agli occhi dei presunti “devoti” che non hanno tardato nel minacciarlo con accuse a dir poco pesanti: “Devi morire” gli dicevano e a perseguitarlo erano ragazzi e ragazzine.

Da qui inizia un incubo per lui e per la sua famiglia. Cercando di calmare le acque arrivano poi le scuse da parte della mamma confermate poi anche dallo stesso Rouben, chiedevano perdono per aver urtato la sensibilità di quelli che si erano sentiti offesi; questo però a giudicare dall’evoluzione della situazione che si era andata a creare non è bastato.

Come se non bastasse era pure nato un gruppo su wathsapp: “Rouben a moriri”. Da qui è scattata la denuncia, la famiglia una volta andata dalla polizia postale e presentati vari screenshot dimostranti vero e proprio cyberbullismo decide, almeno per un mese, di non portare a scuola Rouben in attesa di superare la vicenda o addirittura dimenticarla del tutto.

Il ragazzo si abitua a passare le sue giornate a casa, la sera non esce mai. Tutto ciò però inizia a stancarlo, la monotonia diventa pesante e la noia comincia a farsi sentire, ancora adolescente infatti sente il bisogno di uscire, cosa normale d’altronde; ebbene esce una prima sera, tutto sembra essersi calmato. 

Fin quando il primo aprile la mamma preoccupata decide di chiamare il figlio uscito con un’amica nella speranza di passare una piacevole serata che da troppo tempo non erano riusciti più ad attuare.

“Signora suo figlio è stato aggredito”, questo ciò che dall’altro capo del telefono viene comunicato; intanto sul posto arrivano polizia ed ambulanza, quest’ultima non tarda ad accompagnarlo d’urgenza in ospedale.

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Secondo quanto si è evinto lo “scontro” è avvenuto in un primo momento presso la villa Bellini, dopo essere stati richiamati da una signora che fermatasi ha cercato ripetutamente di porre fine al litigio che stava andando a degenerare, hanno poi continuato spostandosi su viale Regina Margherita continuando imperterriti ad aggredirlo.

È forse questa la vera fede? Sta proprio qui il paradosso, siamo tutti pronti ad additare, soprattutto in questo periodo chiunque si professi musulmano; ogni persona praticante tale religione viene infatti automaticamente spesso etichettata con il termine “terrorista”. 

Siamo davvero sicuri di attuare ciò che sostiene il nostro credo? Arrivare a minacciare di morte e picchiare un ragazzo può allora definirsi terrorismo perché attuato per una fede che in fondo non è mai esistita.