Studio Pogliese “regista” dei “pupi di pezza”: la ricostruzione dei meccanismi del sistema fraudolento

Studio Pogliese “regista” dei “pupi di pezza”: la ricostruzione dei meccanismi del sistema fraudolento

CATANIA – Bancarotte fraudolente (patrimoniali e documentali) e reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) anche in forma associata, e favoreggiamento personale e reale. Sono queste le accuse mosse nei confronti di 11 persone (delle quali 9 agli arresti domiciliati e 2 destinatarie di interdittive dell’esercizio di imprese) coinvolte nell’operazione “Pupi di pezza“.

A orchestrare e scandire le fasi del circuito criminale sarebbe stato lo studio associato Pogliese, che assumeva il ruolo di “regista” del sistema illecito attraverso l’opera diretta del commercialista Antonio Pogliese, 75 anni (padre dell’attuale sindaco di Catania, Salvo Pogliese), e di alcuni suoi associati, Michele Catania, 53 anni, e Salvatore Pennisi, 46 anni. i quali, avvalendosi di Salvatore Virgillito, 66 anni, anch’egli agli arresti domiciliari, costituivano un’associazione a delinquere (almeno dal 2013) dedita a una serie indeterminata di condotte delittuose in materia societaria, fallimentare e fiscale.

Secondo quanto ricostruito dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali e accertamenti bancari e acquisizioni documentali da enti pubblici, sarebbe esistito un articolato sistema illecito che si sviluppava attraverso le seguenti fasi:

  • una società in stato palese di deficit finanziario — caratterizzato, in particolare da consistenti debiti erariali – si affidava allo studio Pogliese al fine di eludere eventuali procedure fallimentari e di riscossione. Nello specifico, i professionisti indagati subentravano formalmente quali intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali dei gruppi societari ma, di fatto, fornivano un illecito “pacchetto” di servizi per condurre le imprese “sottopatrimonializzate” al riparo da possibili investigazioni delle autorità preposte;
  • con il subentro dello studio Pogliese le imprese venivano poste in liquidazione (ancorché la loro situazione patrimoniale imponesse il deposito delle scritture contabili in tribunale per l’avvio della procedura fallimentare) affidando il ruolo di liquidatore a persona di fiducia dello studio Pogliese, priva di competenze professionali, il cui compenso mensile (di qualche centinaio di euro) era corrisposto dagli effettivi amministratori della società;
  • il liquidatore prestanome favoriva l’effettuazione di indebiti pagamenti preferenziali e la distrazione degli assetti patrimoniali più significativi a favore di ulteriori società riconducibili agli stessi amministratori di quella posta in liquidazione (nei fatti, una società “specchio” con oggetto sociale similare, sedi coincidenti nonché il medesimo personale dipendente e stessi fornitori e clienti. che attraeva dalla società decotta gli elementi patrimoniali positivi acquisendoli a condizioni economiche di assoluto vantaggio); il tutto a danno dell’Erario che restava l’unico creditore non soddisfatto;
  • chiusura della liquidazione e cancellazione dal registro delle imprese della società originaria, nel frattempo “svuotata” di tutto tranne che delle imposte iscritte a ruolo che restavano le uniche passività finanziarie non soddisfatte. Si evidenzia che, trascorso un anno dalla cancellazione, il pubblico ministero, ai sensi della legge fallimentare, non può più chiederne il fallimento.

Il fittizio liquidatore era gestito da Salvatore Virgillito che rappresentava l’anello di congiunzione tra i reali amministratori delle società decotte, il prestanome e lo studio associato Pogliese. Emblematiche sono diverse conversazioni telefoniche intercettate nelle quali Virgillito lamentava con i professionisti dello studio Pogliese il mancato versamento delle “paghe” mensili garantite al liquidatore di comodo dai reali amministratori delle società commerciali truffaldine.

Lo studio Pogliese non è al momento oggetto di sequestro. Gli inquirenti stanno ancora proseguendo il lungo e delicato lavoro d’indagini.