Soldi prima di tutto: oltre il 60% delle cartelle cliniche con anomalie, i DATI e i NOMI dello scandalo alla Di Stefano Velona

Soldi prima di tutto: oltre il 60% delle cartelle cliniche con anomalie, i DATI e i NOMI dello scandalo alla Di Stefano Velona

CATANIA – L’operazione condotta dai carabinieri del Nas di Catania e dalla Procura Distrettuale della Repubblica del capoluogo etneo ha portato alla luce un vero e proprio giro di truffe nell’ambito sanitario commesso dagli amministratori, dal direttore sanitario e da alcuni medici della casa di cura Di Stefano Velona srl.

La vicenda, che ha preso il via dalla denuncia di un paziente di cui non è stato diffuso il nome per motivi di privacy, ha visto l’analisi di quasi 5mila cartelle cliniche delle quali il 60 % presentava delle chiare anomalie, ma non solo. Non venivano infatti effettuati i controlli sul rimborso delle somme e sull’attività dichiarata veniva erogato un compenso su tutti gli esami effettuati.

Il valore della somma sequestrata ammonta a 15mila euro per la struttura e oltre 105mila euro complessivi per le sei persone coinvolte, a cominciare dai titolari Nunzio e Ornella Maria Di Stefano Velona, ai quali è stata inflitta la sospensione dall’esercizio delle loro funzioni direttive.

Oltre a loro, sono stati interdetti per un anno dall’esercizio della professione sanitaria il direttore sanitario Sebastiano Villarà e il medico Alfio Sciuto, e per sei mesi gli altri due medici Giuseppe Adamantino e Renzo Roberto Giuseppe Calanducci.

Il sequestro economico riguarda in particolar modo la truffa ai danni del servizio sanitario nazionale, in quanto la struttura prendeva il denaro da esso, pur facendo pagare in seguito 80 euro ai pazienti sotto forma di prestazione privata e non dichiarati allo scopo di lucrare.

Il periodo in cui questo sistema truffaldino ha avuto il suo pieno compimento è stato quello compreso tra il 2015 e il 2017 e lo scopo delle misure interdittive è stato quello di far venir meno il rischio di reiterazione del reato.

“Alla vittima che con la sua denuncia ha fatto scattare le indagini – spiega il procuratore Carmelo Zuccaro – sono state tolte, nel corso di tre diversi interventi, dei lipomi dei quali non è stata accertata la natura. Ogni volta c’era una recidiva sempre più grave, dopo il ricovero in una struttura pubblica gli è stato diagnosticato un liposarcoma in stato avanzato e gli interventi effettuati in precedenza hanno ridotto la sua capacità di deambulazione. Un danno inenarrabile per ottenere delle somme di denaro piuttosto modeste. La denuncia del paziente è stata determinante, così come l’apporto del Nas di Catania. Le misure cautelari emesse sono commisurate alla gravità dell’esigenza cautelare e non a quella del danno di salute arrecato, alla quale penserà il giudice”.