Settore ittico in forte crisi, Mandrà (Flai Cgil): “Politica europea favorisce pesca degli Stati del nord”

CATANIA – L’attuale emergenza sanitaria per il Covid19 va avanti e un altro settore economico a risentire di ciò è quello ittico. Abbiamo già visto come esso sia stato ufficialmente dichiarato in crisi assieme a quello agricolo da parte della Regione Siciliana e come da parte dei vertici delle associazioni di categoria sia stato chiesto anche lo stato di calamità naturale. A motivare quest’ultima istanza ci sarebbero le direttive varate dall’Unione Europea, che penalizzerebbero molto la pesca artigianale italiana.

A questo si aggiunge anche il valore dei costi superiore rispetto a quello dei ricavi per gli operatori del comparto a causa di un forte calo delle vendite. In questa ottica è stata vista in modo positivo da parte dell’Ugl l’approvazione da parte della giunta regionale di un articolo per il sostegno del fondo di solidarietà della pesca e dell’acquacoltura con 10 milioni di euro.

Il segretario generale della Flai Cgil Catania, Pino Mandrà, intervenuto ai nostri microfoni, sottolinea in primis come il mestiere sia già complicato di suo e come la recente frenata nelle vendite non faccia altro che peggiorare la situazione. La crisi però ha delle radici nelle manovre politiche fatte a livello europeo, che danneggerebbero tutta la pesca mediterranea.

“Il settore ha problemi strutturali – afferma Mandrà – molto profondi, anche perché parliamo di uno dei mestieri più difficili del mondo. In una fase come questa si assommano altre difficoltà, che riguardano la vendita, perché un pezzo di filiera, quello della ristorazione, si è interrotto. Inoltre la vendita al dettaglio ha subito una grande riduzione, ma la politica economica europea ha favorito un tipo di pesca concentrato negli Stati del nord, dove si pescano delle specie ittiche che hanno delle grandezze totalmente diverse rispetto a quelle che ci sono nel Mediterraneo. Tutti i governi nazionali che si sono succeduti da noi non hanno avuto voglia di smontare le norme europee e non hanno mai individuato un ammortizzatore sociale univoco per questo settore. La politica nazionale non ha mai ritenuto che il comparto sia strategico per il nostro paese e in modo miope ha danneggiato la marineria italiana. Noi questo lo contestiamo con assoluta forza perché manca l’interesse a rilanciare il comparto. Tra i Paesi europei dovrebbe esserci solidarietà reciproca e non ci devono essere egoismi da parte di quelli del Nord Europa. L’Italia in un periodo come questo deve fare uno scatto d’orgoglio”.

Gli incentivi devono essere per tutti uguali, sia per le aziende che per chi lavora. L’esiguità dei ricavi si fa sentire, ma la speranza è quella che i primi beneficiari dei 10 milioni di euro del fondo di solidarietà siano i lavoratori.

“Gli ammortizzatori devono essere universali – conclude Mandrà – e devono dare ossigeno alle aziende, ma soprattutto ai lavoratori della pesca. In questo periodo se l’imprenditore vuole lavorare deve garantire il livello di sicurezza per i dipendenti, altrimenti è giusto che rimanga a terra. Il divario più ampio tra costi e ricavi è dovuto allo stop del settore della ristorazione e alla riduzione di quello del commercio al dettaglio. Inoltre voglio sperare che a beneficiare delle risorse economiche messe in campo siano realmente i pescatori e siamo in attesa di vedere segnali positivi per il settore”.