Santapaola-Ercolano, i rapporti e le intercettazioni tra i “sepolti vivi” e chi è “nell’altra vita”

Santapaola-Ercolano, i rapporti e le intercettazioni tra i “sepolti vivi” e chi è “nell’altra vita”

CATANIA – A seguito del provvedimento cautelare personale emesso dal G.I.P. distrettuale stamani, su delega della Procura Distrettuale di Catania, i carabinieri del ROS e del comando provinciale di Catania, arrivano i primi dettagli sull’operazione Samael, che ha portato all’arresto di nove soggetti.

L’impegno investigativo è nato sul finire del 2016 con la finalità di monitorare le documentate relazioni tra Giuseppe Mangion, inteso Enzo, e l’uomo d’onore Giuseppe Cesarotti, il primo figlio del defunto uomo d’onore Francesco Mangion, inteso Ciuzzu u firraru, già consigliere di Benedetto Santapaola (capo e rappresentante della famiglia) ed il secondo favoreggiatore dello stesso Santapaola. In tale ambito, sono state captate conversazioni dalle quali emergeva che Cesarotti consegnava al primo cospicue somme di denaro contante ed aveva rapporti con i figli del più noto Benedetto Santapaola, cui erano destinate parte delle citate somme; e ancora era a conoscenza, per avervi preso personalmente parte a suo tempo, di risalenti investimenti fatti da Benedetto Santapaola, Aldo Ercolano, 59 anni, (vice rappresentante della famiglia) e dal defunto Francesco Mangion.

I contenuti di quelle intercettazioni, peraltro, sono apparsi sin da subito geometricamente sovrapponibili rispetto agli addebiti formulati a carico di Cesarotti nella sentenza Orsa Maggiore (quest’ultima aveva accertato la riconducibilità alla famiglia Santapaola-Ercolano della società Baia dei Turchi di Giuseppe Spampinato&C. S.n.c. ed il dato giudiziario ha trovato ulteriori conferme nelle indagini svolte che, peraltro, hanno altresì certificato il coinvolgimento, per la prima volta, di Giuseppe Cesarotti in quella vicenda imprenditoriale), in cui si dà atto che “l’apporto arrecato dai fratelli Cesarotti all’organizzazione malavitosa non si limitava solo alla ‘gestione della latitanza’ degli esponenti di vertice della famiglia catanese, bensì si estendeva anche alla gestione di attività economiche nell’interesse e per conto del sodalizio malavitoso”.

In tale quadro, perciò, si decideva di avviare un dedicato impegno investigativo mirante alla individuazione degli investimenti/interessi degli storici vertici della famiglia – si tratta di Benedetto Santapaola, Aldo Ercolano e del defunto Francesco Mangion – e, conseguentemente, dei soggetti imprenditoriali che si erano prestati a ricevere i capitali di provenienza illecita, reinvestendoli in attività imprenditoriali lecite. L’obbiettivo investigativo è stato raggiunto dal momento che a detti investimenti partecipò anche Giuseppe Cesarotti – che è l’unico libero e vivente degli originari investitori – il quale, nell’ottica di rientrare in possesso del denaro a suo tempo investito è altresì assurto a garante degli interessi di chi – secondo espressioni sue proprie – è “nell’altra vita” (riferimento a Francesco Mangion, di qui il coinvolgimento del figlio Enzo) e di coloro che invece “sono sepolti vivi” (riferimento agli ergastolani Benedetto Santapaola e Aldo Ercolano).

Dalle intercettazioni risulta che il denaro in possesso di Cesarotti era destinato sia ai figli di Benedetto Santapaola che alla moglie di Aldo Ercolano, che peraltro è sorella di Enzo Mangion.

Proprio approfondendo le relazionalità tra Cesarotti e Enzo Mangion, è emerso che l’imprenditore farmaceutico Palermo, risultato legato da risalenti rapporti fiduciari a Santapaola, Ercolano e Francesco Mangion, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quale titolare fittizio della società Tropical Agricola S.r.l. (già Antoniocostruzioni S.r.l.) e per il tramite di essa, acquistò beni immobili con fondi provenienti dai summenzionati Santapaola, Ercolano, Francesco Mangion e Cesarotti; negli anni ’90 curò personalmente la latitanza di Ercolano e Francesco Mangion.

Nel corso dell’indagine, Palermo è risultato impegnato, in concorso con Giuseppe Cesarotti e Enzo Mangion (presente in ragione della riconducibilità di parte dell’investimento al de cuius), nell’alienazione, a favore di terzi in buona fede, del patrimonio immobiliare della società. L’ammontare dell’originario investimento, sulla scorta degli esiti delle attività intercettive, è stato quantificato in 2.000.000.000 di lire.

Di seguito le immagini delle intercettazioni tramite raggruppamento operativo speciale: