PATERNÒ – Resta in carcere Issam Lahmidi, il 36enne marocchino accusato dell’omicidio di un connazionale di 26 anni che lavorava per lui come bracciante agricolo a Paternò, nel Catanese.
A convalidare l’arresto e disporre la misura cautelare è stato il Giudice per le Indagini Preliminari di Milano Alberto Carboni, che ha anche ordinato che gli atti vengano trasferiti alla Procura catanese per competenza territoriale.
L’indagato, infatti, è stato fermato a Milano martedì scorso in stazione Centrale, dove stava per prendere un treno diretto a Ventimiglia, dopo essere fuggito dalla Sicilia in seguito all’omicidio.
All’interrogatorio di garanzia davanti al G.I.P. Lahmidi non si è presentato, rifiutandosi di uscire dalla sua cella nel carcere di San Vittore.
Secondo quanto ricostruito da investigatori e inquirenti catanesi, l’omicidio è avvenuto lo scorso 4 febbraio, in seguito a una discussione legata a una richiesta di denaro da parte della vittima per il lavoro svolto. Quest’ultima, infatti, aveva raccontato ad alcuni amici di avere “problemi di lavoro perché il suo capo non lo pagava“.
Lahmidi avrebbe ucciso il giovane con due coltellate all’addome, dopo averlo raggiunto a bordo di un motorino prestato da un amico. Il presunto responsabile del delitto è stato identificato anche grazie alla visione delle telecamere di sorveglianza e ai suoi profili social.
Come osserva il gip nell’ordinanza di convalida del fermo, “le modalità” dell’omicidio “rivelano totale disprezzo per la vita umana“.
Altri dettagli arrivano dalla Procura etnea.
Lahmidi Issam è risultato irregolare sul territorio nazionale e sconosciuto nelle banche dati delle Forze dell’Ordine, verosimilmente impegnato quale bracciante agricolo nelle campagne paternesi.
La vittima, invece, Mouna Mohamed, era un senza fissa dimora e temporaneamente gravitante nella contrada “Ciappe Bianche” di Paternò.
I fatti, come vi dicevamo, si sono verificati nel pomeriggio del 4 febbraio scorso, alle ore 14 circa, nell’area parcheggio di un distributore di benzina di via Giovanni Verga, nella periferia sud di Paternò, dove il fermato, probabilmente su appuntamento, avrebbe incontrato il giovane straniero, accoltellandolo all’improvviso al petto e al fianco dopo un’accesa discussione, per poi fuggire via a bordo di uno scooter.
Proprio la prima coltellata sarebbe stata letale per il ragazzo che, dopo alcuni passi, in un ultimo disperato tentativo di scappare dal suo aggressore, si è accasciato a terra al centro di via Verga di Paternò.
L’omicidio non è rimasto a lungo celato, poiché dopo pochi minuti, alcuni passanti si sono accorti del cadavere riverso a terra, segnalando l’accaduto al 112. Immediate a quel punto le indagini da parte dei carabinieri della Compagnia di Paternò i quali, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Catania Dott.ssa Magda Guarnaccia, hanno subito battuto palmo a palmo la scena del crimine, alla ricerca di testimoni ed immagini degli impianti di videosorveglianza presenti nella zona, avviando, contestualmente, le necessarie attività investigative di natura tecnica e quelle inerenti al sopralluogo, svolte dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo Investigativo di Catania.
In tale contesto, al temine di un ininterrotto sforzo investigativo, i carabinieri di Paternò, in meno di 48 ore, sarebbero riusciti a chiudere il cerchio attorno al presunto responsabile. In particolare, al termine di un’articolata indagine a 360° su tutti gli aspetti relazionali della vittima, che ha altresì coinvolto il mondo della raccolta degli agrumi nel paternese, setacciando sia l’insediamento denominato “Ciappe Bianche” – una tendopoli nelle campagne alle porte di Paternò che ospita circa 300 migranti impiegati nella raccolta agrumicola – che la comunità rumena di Paternò, i militari, in una fase del procedimento in cui non si è ancora realizzato il contraddittorio con la difesa, avrebbero individuato il presunto autore del cruento omicidio, che si è reso sin da subito irreperibile.
Parallelamente alle attività d’indagine, è quindi scattata una complessa ed ininterrotta “caccia all’uomo”, che è stato dapprima localizzato nel territorio campano, per poi proseguire verso l’Italia settentrionale, fino a quando, nella serata del 5 febbraio non è giunto a Milano. A quel punto sono stati chiamati in causa, in supporto, i militari del Nucleo Investigativo di Milano, che seguendo le indicazioni “in tempo reale” fornite dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Paternò, capaci di monitorare costantemente tutti i movimenti del fuggitivo, verso ora di pranzo del 6 febbraio, hanno rintracciato e catturato il presunto omicida alla Stazione Centrale di Milano.
In particolare, l’uomo è stato fermato al binario 20, mentre attendeva di prendere, da lì a 10 minuti, un treno diretto a Ventimiglia, col chiaro l’intento di lasciare l’Italia per recarsi in Francia attraverso quel confine. Proprio riguardo le ultime fasi della cattura, Lahmidi, accortosi dei carabinieri, avrebbe inutilmente cercato di nascondersi tra la folla in attesa sul binario, ammettendo infine di essere il ricercato non appena è stato materialmente bloccato. Ad ulteriore conferma che si trattasse proprio di lui, anche l’aver ancora indossato gli stessi vestiti che portava durante l’omicidio, immortalati dal sistema di videosorveglianza del distributore.
Allo stato degli atti, le indagini condotte avrebbero permesso di accertare che all’origine dell’omicidio, vi sarebbe una questione legata ad un debito, che l’assassino avrebbe avuto nei confronti della vittima, per questioni di lavoro.
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