Psicosi ‘sporcizia’ nei ristoranti catanesi? Nel 2016 solo 1 locale su 4 è stato sanzionato

CATANIA – Ordine, pulizia, ma soprattutto igiene. Sono queste le tre caratteristiche che, sommariamente, tu consumatore, cerchi varcando la soglia di un locale che si prende la responsabilità di somministrare delle bevande o, e qui la faccenda si fa più impegnativa, del cibo.

Sì perché capelli nel piatto, pavimenti sporchi, bagni indecenti e alimenti conservati “non a norma” sono, ormai, diventati l’incubo dei clienti che, e qui ci si concede un po’ di sana banalità populista, non smettono di affollare i locali di Catania, in barba alla tanto famigerata “crisi”.

Andando al punto, che le pagine dei quotidiani siano piene di notizie relative a controlli effettuati dall’Asp, supportata dai Nas o dalla polizia, è vero come è altrettanto certo che nel capoluogo etneo si sia ormai radicata la convinzione, mista a terrore, che la gran parte dei pub, ristoranti e pizzerie siano tutti trasgressori delle regole sia da un punto di vista igienico – sanitario, sia sotto il profilo amministrativo. È tutto vero?

Conviene restare a casa per i pasti ed uscire dopo cena? O è meglio evitare anche i pub che servono solo cose da bere?

In realtà, stando ai dati forniti dall’Asp di Catania, il bilancio è tutt’altro che negativo.

A spazzare via “la cattiva nomina” relativa ai locali catanesi è Elena Alonzo, direttore del Sian dell’Asp di Catania: “Nel 2016 sono state controllate complessivamente 439 strutture di ristorazione pubblica (ristoranti, bar, trattorie, pub, pizzerie) e sono stati riscontrati solo 108 casi di infrazioni: in media meno di un locale su quattro non rispetta le regole”.

Ed è qui che tutte le convinzioni, frutto delle dicerie e dei rumors, si sciolgono come fossero neve al sole. 

“Di fatto – spiega la direttrice Alonzo – la maggior parte delle infrazioni (86) hanno riguardato problemi relativi all’igiene generale del locale (la pulizia); 34 hanno riguardato l’applicazione delle procedure di autocontrollo finalizzate a garantire la sicurezza degli alimenti (in questo caso vengono impartite, agli operatori del settore alimentare, prescrizioni migliorative e si effettua, successivamente, un nuovo sopralluogo per verificare che siano stati attuati gli interventi migliorativi) – spiega la dottoressa Alonzo -. Il dato da sottolineare è che, nel corso del 2016, i locali a cui sono state contestate ‘notizie di reato’ conseguenti a problematiche sanitarie più importanti, sono stati solo 5″.

Foto di repertorio

Per essere precisi e senza fare giri di parole la ‘notizia di reato’, scatta quando si trovano blatte in cucina, quando i fornelli non sono adeguatamente puliti, quando i cibo è direttamente contaminato.

A questo punto ci si chiede: ma com’è possibile che molti locali, dopo i controlli vengano chiusi e già il giorno dopo vengano riaperti al pubblico?

“Quando i locali vengono chiusi è perché non possono continuare ad esercitare l’attività nelle condizioni in cui sono stati trovati – dichiara Alonzo -. Ecco perché viene ‘messo il lucchetto’ al locale e si impone al gestore di ricontrollare gli standard di pulizia o, per esempio, gettare il cibo che non era stato conservato in modo adeguato. Chiaramente, ripristinare la situazione alla normalità è interesse principale dell’esercente, che in moltissimi casi, ci mette poche ore a pulire tutto e rendere regolare la conservazione dei cibi – chiarisce Alonzo -. Ecco perché spesso già l’indomani i locali vengono riaperti”.

Ma non è finita qui perché, anche se, erroneamente, li si fa finire tutti all’interno dello stesso calderone, va fatta una distinzione tra il prelievo degli alimenti di origine animale da quelli di origine vegetale.

Il dottor Emanuele Farruggia, responsabile del servizio di igiene degli alimenti di origine animale ha dichiarato: “Nel corso dell’anno sono stati prelevati 61 campioni di alimenti di origine animale, senza riscontrare difformità dalle norme; e 153 campioni di alimenti di origine vegetale e di questi solo 3 sono risultati non conformi (peraltro non riconducibili né a contaminazione microbiologica, né ad alterazione nella composizione dell’alimento)”.

Tirando le somme, sarà pur vero che a Catania non esistono ristoranti stellati, da cui deriva l’idea che “i catanesi non sanno mangiare” in termini di gusto, ma, stando ai dati, nella maggior parte dei casi, lo fanno nella pulizia e regolarità.