CATANIA – Arrestati dai carabinieri di Catania per estorsione aggravata dal metodo mafioso moglie e due figli di un esponente del clan Santapaola-Ercolano che sta scontando un ergastolo per omicidio.
Nei loro confronti è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Dda etnea.
Al centro dell’inchiesta il presunto “taglieggiamento” a un imprenditore del settore dell’estrazione e della lavorazione di pietra lavica che avrebbe pagato il “pizzo” dal 2012, versando complessivamente 1,7 milioni di euro tra contanti, assegni, cambiali e mezzi d’opera.
Secondo l’accusa, a dare disposizioni alla sua famiglia dal carcere sarebbe stato Giovanni Rapisarda, 64 anni, inteso “Sansuneddu“, ergastolano, detenuto per l’omicidio di un noto imprenditore catanese commesso nel 1993, e destinatario della stessa ordinanza cautelare emessa per la moglie e i due figli che, ipotizza la Dda di Catania, erano gli esecutori dei suoi ordini.
Giovanni Rapisarda, sebbene detenuto, avrebbe impartito le disposizioni dal carcere attraverso i colloqui con i suoi familiari o lettere dal tono intimidatorio indirizzate alla vittima, gestore di una ditta di Belpasso operante nel settore dell’estrazione e lavorazione di pietra lavica al quale veniva richiesta, sin dal 2012, una cifra complessiva di 1.700.000 euro.
In carcere sono stati portati Santa Carmela Corso, di 61 anni, e Giuseppe Rapisarda, di 34 anni, arrestati in flagranza dai carabinieri dopo che avevano ritirato una “tangente” da 2mila euro dalla vittima dell’estorsione, e Valerio Rapisarda, di 30 anni.
Le indagini erano state avviate – da febbraio – dopo che militari dell’Arma della compagnia di Paternò avevano notato diverse e frequenti visite dei due fratelli Rapisarda nella sede di una ditta di Belpasso dove sono state installate delle telecamere nascoste.
L’ergastolano, sebbene recluso, richiedesse attraverso i figli e la moglie il versamento di ingenti somme di denaro sin dall’anno 2012 da effettuarsi mediante pagamenti in contante, assegni, cambiali e acquisto di mezzi d’opera (nello specifico, l’acquisto di un escavatore).
“La vittima – ricostruisce la Procura di Catania – dopo l’acquisizione di un ramo dell’azienda già di proprietà di altri componenti della famiglia Rapisarda, pur avendo già consegnato 700mila euro negli ultimi 10 anni per crediti illecitamente vantati di 1 milione di euro, aveva ricevuto un’ulteriore richiesta estorsiva di 700mila euro, dilazionati in cinque anni con il pagamento di una somma tra i 1.500 e 3mila euro settimanali o, in alternativa, la cessione della ditta“.
I carabinieri di Paternò, per impedire che il reato si potesse portare a conseguenze ulteriori, hanno arrestato in flagranza di reato nei giorni scorsi Giuseppe Rapisarda e la madre Santa Corso i quali, dopo essersi recati nella sede della ditta di Belpasso, avevano ricevuto dalla vittima una busta contenente 2mila euro, quale rata della richiesta estorsiva.
Nel corso di uno degli ultimi incontri, Giuseppe Rapisarda avrebbe palesato esplicitamente la richiesta, specificando che quei soldi gli erano dovuti in quanto la cava della vittima “(…) era la nostra cosa, (…), perché oramai non è che è un giorno, dodici anni, tredici anni e dobbiamo chiudere sta partita… vedi tu cosa vuoi fare!”, proferendo altresì nei confronti della vittima frasi del seguente tenore, “(…) che io te lo avevo detto… mio padre il suo piacere è questo, perché qui era la cosa sua“.
Gli arrestati sono tuttora associati nel carcere di Grosseto e Catania Bicocca.
Soggetti destinatari di misura cautelare in carcere: NOMI
Nel dettaglio, i nomi dei soggetti destinatari di misura cautelare in carcere:
- Giovanni Rapisarda, di 64 anni;
- Giuseppe Rapisarda, di 34 anni;
- Valerio Rapisarda, di 30 anni;
- Santa Carmela Corso, di 61 anni.
Videointervista Capitano Cipolletta
A rilasciare le dichiarazioni contenute nel video è il Capitano Gianmauro Cipolletta, comandante della compagnia carabinieri di Paternò