Pizzo a imprenditore ennese: La Delia il trait d’union con i “Cappello-Bonaccorsi” e i “Santapaola-Ercolano”. IL VIDEO

Pizzo a imprenditore ennese: La Delia il trait d’union con i “Cappello-Bonaccorsi” e i “Santapaola-Ercolano”. IL VIDEO

ENNA – Affiancavano, minacciavano e chiedevano il pizzo a un imprenditore ennese, amministratore unico di un’impresa di fibra ottica. Tutto questo sfruttando il forte rapporto di fiducia tra la vittima dell’abuso e uno degli estorsori. Ecco perché sono state arrestate sei persone.

Parliamo del bilancio dell’operazione “Capolinea” e delle indagini, eseguite dalla Polizia di Stato, che hanno sgominato un intricato sistema di estorsione che da Catania, arrivava fino a Enna.

Soldi in cambio di protezione. È  questo il paradigma dell’agire mafioso, in qualsiasi parte della Sicilia. E poi c’è Enna, considerata come “territorio cuscinetto” per mantenere buoni rapporti tra Cosa Nostra ennese e le famiglie più forti a Catania: i Santapaola-Ercolano e i Cappello-Bonaccorsi.

Fulcro di tutto è sempre stato Salvatore La Delia, già condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di estorsione ed altro, nell’ambito dei procedimenti penali culminati con le operazioni di polizia “Leopardo” e “Parafulmine” , eseguite dalla squadra mobile di Enna.

La Delia, come annunciato, è sempre stato “l’uomo di fiducia” dell’imprenditore perché i due lavoravano insieme nella ditta. La vittima del pizzo, infatti, si rivolgeva di continuo a La Delia per risolvere qualsiasi problema insorgesse nei cantieri come alcuni furti che sono avvenuti ad Augusta.

 

Dalle indagini è emerso con chiarezza che l’assunzione di La Delia da parte dell’imprenditore nel proprio “entourage”, assicurava e quest’ultimo la “necessaria copertura” per potere eseguire in “tutta tranquillità” i lavori in quei territori dove gli appaltatori sono storicamente soggetti a estorsioni da parte delle “famiglie” mafiose sia locali, sia da quelle catanesi.

Quindi La Delia, a partire dal 2016, ha assunto un ruolo molto importante di trait-union con i “Cappello-Bonaccorsi”, avendo avuto a che fare spesso prima con Calogero Balsamo e, dopo il suo arresto, con il figlio, Giuseppe Balsamo, grazie a Antonio Privitelli.

Per quanto riguarda la cura dei rapporti dell’imprenditore con i Santapaola-Ercolano invece, La Delia spesso si vedeva con Antonio Medda.

La Delia è stato l’artefice sia dell’estorsioni su alcuni lavori svolti a Noto, Palazzolo Acreide e Augusta, sia a Catania e a Santa Maria di Licodia. Lì, negli scorsi anni ha individuato dei referenti  locali, convincendo l’imprenditore che bisognava “pagare” l’estorsione e non sporgere alcuna denuncia. Fra l’altro La Delia incassava i guadagni delle estorsioni e impediva, o comunque limitava, i rapporti diretti tra l’imprenditore ennese e le associazioni mafiose.

In una fase dell’indagine, è emersa anche la figura di Eduardo Mazza, uno dei referenti di “Cosa Nostra” nel Comune di Enna per la riscossione delle tangenti, molto legato sia a La Delia, sia a Calogero Balsamo. Mazza è stato scoperto incassare, in una stazione di servizio di Enna, 8 mila euro della “messa a posto”, che poi ha consegnato a Calogero Balsamo e successivamente a Antonio Privitelli, rappresentante della famiglia Balsamo dopo l’arresto di “Pippo”.

Non è finita qui perché, a partire dall’estate 2017, la messa a posto e la protezione venivano concordate da La Delia con Antonio Medda, personaggio che insieme con Angelo Tomaselli, agiva per conto dei “Santapaola-Ercolano”, gruppo attivo a Catania nella zona del Villaggio Sant’Agata.