CATANIA – L’attività investigativa che ha portato all’operazione “Sangue Blu“, avrebbe anche documentato i “reati fine” strumentali al sostentamento dell’associazione mafiosa, tra i quali si pongono in evidenza le diverse estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di cocaina e marijuana, gestito direttamente da Gabriele Santapaola e dai fratelli Giuseppe e Antonino (figli di Salvatore Santapaola inteso “Turi Colluccio”), il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’acquisizione, diretta o indiretta, della gestione e del controllo di attività economiche.
Clan Santapaola-Ercolano, è il nipote di “Cavadduzzo” il “responsabile” di Catania
Le estorsioni
Per quanto riguarda invece le attività estorsive della “famiglia”, le indagini avrebbero documentato sei estorsioni ai danni di imprenditori dei settori dei servizi per la logistica, delle attività turistico- ricreative e del commercio all’ingrosso e al dettaglio, corroborate anche dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da soggetti informati sui fatti, che sarebbero state consumate dal sodalizio criminale per fare fronte alla mancanza di fondi per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Al riguardo, circa il “modus operandi” delle richieste estorsive, va sottolineato come le stesse sarebbero state eseguite da soggetti notoriamente inseriti nel sodalizio e quindi immediatamente percepite dalle vittime come provenienti da Cosa Nostra. In un caso la richiesta estorsiva si è manifestata nella collocazione di una bottiglia incendiaria all’esterno di un noto stabilimento balneare in località Playa, accompagnata da un pizzino con la scritta “200mila euro o ti cerchi l’amico 2 giorni di tempo”.
Una delle condotte estorsive è stata invece interrotta in flagranza dai carabinieri, che durante l’attività investigativa, sono riusciti ad arrestare un soggetto intraneo alla “famiglia”, bloccato appena dopo aver prelevato poco più di 1.000 euro da un imprenditore catanese, il quale, dopo un’iniziale reticenza, ha riferito di essere stato vittima di pressanti richieste già da diverso tempo.
I sequestri di beni
Tra le risultanze dell’indagine, emergono inoltre con particolare rilevanza i sequestri preventivi delle società “Citymotor s.r.l.”, salone multimarca di automobili sito nel Comune di San Gregorio di Catania e “Vinissimo s.r.l.”, enoteca con sede a Catania, affidate ad un amministratore giudiziario, unitamente ai conti correnti ad esse intestati e a tutti i beni aziendali registrati, sia mobili che immobili. In particolare, per quanto concerne la “Citymotor s.r.l.”, già emersa nell’indagine “Fiori bianchi”, sarebbe emersa l’attribuzione fittizia della società a un prestanome, ma in realtà riconducibile all’indagato Michele Monaco, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e sottrarre il patrimonio societario ad eventuali provvedimenti ablatori reali.
Riguardo invece alla società “Vinissimo s.r.l.”, dal quadro probatorio raccolto ed in particolare in ragione di alcune conversazioni intercettate, è emerso come la stessa sarebbe stata gestita in maniera occulta da Francesco Napoli e dal cugino Francesco Ferrara. Questi ultimi infatti, dal marzo 2020, avrebbero avviato l’attività commerciale, attribuendone la titolarità ad un prestanome in modo tale che fosse immune da eventuali provvedimenti ablatori.
L’ipotesi investigativa prospettata dalla Procura Distrettuale è stata condivisa dal G.I.P. in sede che ha emesso le misure cautelari specificate (clicca qui per leggere i nomi degli arrestati). In esito alle catture verrà ora attivato il contraddittorio procedimentale, nel corso del quale gli indagati avranno la facoltà di fornire la loro versione dei fatti e indicare eventuali prove a discolpa.