Operazione “Pupi di pezza”: i beneficiari del sistema fraudolento, le aziende coinvolte e i marchi sequestrati

Operazione “Pupi di pezza”: i beneficiari del sistema fraudolento, le aziende coinvolte e i marchi sequestrati

CATANIA – L’articolata e complessa operazione “Pupi di pezza” della Guardia di Finanza di Catania che ricostruito un sistema di bancarotte fraudolente e reati tributari, ha portato a 9 arresti domiciliati e 2 misure interdittive dell’esercizio di imprese. Tra i destinatari del provvedimento di detenzione domiciliare anche Antonio Pgliese, 75 anni, padre dell’attuale sindaco del capoluogo etneo, Salvo Pogliese.

La procura, supportata dalla Guardia di Finanza di Catania che ha assicurato un’attività costante di analisi e un monitoraggio a tappeto delle esposizioni debitorie maturate da contribuenti infedeli nei confronti dello Stato e penetranti attività investigative, nel corso delle indagini ha esercitato tempestivamente le funzioni attribuite dalla legge fallimentare presentando d’iniziativa la richiesta per la dichiarazione di fallimento delle società insolventi. Il tempestivo intervento giudiziario ha scompaginato i progetti criminali, da tempo avviati, suscitando le immediate reazioni degli indagati che, contando sulla cronica inerzia dell’Agente di riscossione, non avevano tenuto conto della possibile, solerte iniziativa della procura.

A beneficiare deliberatamente dell’opera criminale dell’associazione a delinquere composta dai professionisti arrestati e da Virgillito, i seguenti soggetti:

  • i fratelli Antonino Grasso, 65 anni, Giuseppe Andrea Grasso, 51 anni, Michele Grasso, 58 anni, sottoposti agli arresti domiciliari, amministratori e proprietari della fallita “Diamante Fruit S.R.L.“, già attiva nel commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi con sede ad Acireale (in provincia di Catania), che, in ragione di un accertamento effettuato dall’amministrazione finanziaria nel 2002, aveva maturato nei confronti dell’Erario un debito complessivo di circa 215 milioni di euro, rappresentato solo in parte in bilancio. I predetti distraevano i marchi aziendali registrati all’Ufficio Italiano Brevetti (“Saporita”, “Golosita”, “Diamante”, “Diamante fruit”), il cui valore economico effettivo è di circa 1,8 milioni di euro, in favore di un’ulteriore loro società (“Kalipso S.R.L.“, avente sede a Milano, esercente l’attività di gestione di beni immobili propri) al prezzo inferiore di 520mila euro (corrisposti, tra l’altro, con crediti inesistenti). Inoltre, va evidenziato che gli indagati, al fine di impedire agli investigatori la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari effettivi, occultavano libri giornale, contabilità di magazzino e scritture contabili. La fase finale del disegno fraudolento prevedeva l’incorporazione della “Kalipso S.R.L.” (la cui effettiva proprietà era stata inizialmente “schermata” attraverso l’interposizione di fiduciarie svizzere e inglesi, dotata nel frattempo dei marchi e degli immobili) nella “Grasso distribuzioni S.R.L.” costituita nel 2012 per diventare l’erede della “Diamante Fruit S.R.L.”. Tale fase non si è concretizzata grazie al tempestivo intervento della procura;
  • Concetta Galifi, 39 anni, destinataria della misura degli arresti domiciliari, nella sua qualità di amministratore della “Prima trasporti S.R.L.“, esercente l’attività di trasporto merci su strada, avente sede a Paternò (in provincia di Catania), in liquidazione dal 2015, dichiarata fallita nel febbraio 2018. Nello specifico, nel 2011 il conseguimento di una perdita d’esercizio determinava l’azzeramento del capitale sociale e poneva la “Prima trasporti” in uno stato evidente di insolvenza. La Galifi, supportata dallo studio Pogliese e dal liquidatore “testa di legno”, proseguiva l’attività d’impresa aggravando il dissesto e sottraendosi al pagamento di debiti erariali superiori a 2 milioni di euro, favorendo, già negli anni antecedenti alla liquidazione, il passaggio di forza lavoro, automezzi, avviamento e portafoglio clienti/fornitori alla “Gali group S.R.L.“, avente sede a lspica (in provincia di Ragusa), esercente l’attività di trasporto merci su strada, amministrata dalla cognata di Concetta Galifi;
  • Rosario Patti, 79 anni, agli arresti domiciliari, amministratore di fatto della “Patti diffusione S.R.L.“, esercente l’attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio di abbigliamento e calzature, avente sede ad Acireale (in provincia di Catania), dichiarata fallita dal Tribunale etneo nell’aprile 2017. In presenza di un capitale sociale eroso dalle perdite sin dal 2006, Patti ha proseguito l’attività d’impresa anziché affidarsi a una procedura concorsuale, aggravandone il già palese dissesto, omettendo il pagamento di debiti erariali e previdenziali superiori a 2 milioni di euro nonché redigendo un bilancio non veritiero per effetto di omissioni e falsi appostamenti contabili. Nello stesso frangente temporale, Patti ha contribuito a distrarre il complesso aziendale della fallenda a beneficio della “Cta Fin S.R.L.“, esercente l’attività di commercio al dettaglio di confezioni per adulti, avente sede a Misterbianco (in provincia di Catania), società amministrata di fatto dallo stesso Patti, attraverso la simulazione di un fitto d’azienda e di un contratto estimatorio per il trasferimento delle merci.

Da ultimo, la complessa investigazione delle Fiamme Gialle etnee ha fatto emergere le ulteriori due seguenti vicende societarie caratterizzate dall’attuazione del medesimo e collaudato sistema illecito:

  • la prima riguardante la “Grandi vivai società agricola S.R.L.“, avente sede a Paternò, esercente l’attività di coltivazioni di fiori e piante ornamentali, fallita nel luglio 2018 e amministrata da Alfio Sciacca, 67 anni, destinatario del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per un anno; l’uomo attraverso la realizzazione di un’operazione straordinaria di scissione societaria, favoriva la distrazione degli assetti patrimoniali più redditizi della società deficitaria a vantaggio di “Planeta S.R.L.“, avente sede a Catania, esercente l’attività di progettazione, esecuzione di lavori specializzati nel verde, società quest’ultima riconducibile alla medesima compagine societaria della fallita. In più, lo stesso Alfio Sciacca, favorito dallo studio associato Pogliese, si è sottrato dal pagamento di imposte per un volume complessivo superiore a un milione di euro. Nel caso specifico, tra le preziose “eredità” ricevute da “Planeta S.R.L.” vi erano rilevanti commesse pubbliche in atto nonché le credenziali per la partecipazione e l’aggiudicazione di nuovi appalti pubblici;
  • la seconda vicenda vede quale ulteriore destinatario di misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per un anno Nunziata Conti (cal.v1e9n5t4), quale amministratore della “F.lli Conti Paternò S.R.L.“, con sede a Paternò, esercente il commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, dichiarata fallita nel giugno del 2018, che contribuiva ad aggravarne il dissesto proseguendo dal 2008 l’attività d’impresa pur in carenza di capitali propri, favorendo la distrazione del complesso aziendale a beneficio di altra società del gruppo (“F.LLI CONTI GROUP S.R.L.”, con sede a Paternò, esercente il commercio all’ingrosso di ortofrutta) e sottraendosi al pagamento di imposte per oltre un milione di euro. Anche in questo caso venivano effettuati pagamenti preferenziali a favore di soci e amministratori, occultamento delle scritture contabili e l’apposizione in bilancio di voci non veritiere.

Con l’esecuzione dell’odierno provvedimento giudiziario, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Catania hanno sottoposto a sequestro:

  • i seguenti marchi registrati, oggetto delle condotte distrattive: “Saportia”, “Golosita”, Diamante”, “Diamante Fruit”, con i quali i fratelli Grasso operavano nel settore ortofrutticolo,
  • i complessi aziendali appartenenti alle società fallite “PRIMA TRASPORTI S.R.L.”, “GRANDI VIVAI SOCIETA’ AGRICOLA S.R.L.”, “F.LLI CONTI PATERNO’ S.R.L.” e “PATTI DIFFUSIONE S.R.L.”, che sono stati affidati ad un amministratore giudiziario,

per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro.

In definitiva, l’odierna operazione “Pupi di Pezza” ha consentito di far luce su un sistema affaristico diretto dallo studio associato Pogliese e alimentato dall’opera di liquidatori “prestanome” e imprenditori sleali, i quali, adottando fittizi progetti di riorganizzazione aziendali straordinari o predisponendo bilanci non veritieri, riuscivano sistematicamente a frodare l’Erario per un totale di oltre 220 milioni di euro, rendendo vana qualsiasi azione esecutiva. Tale vantaggio competitivo criminale, frutto di sistematiche distrazioni dei valori patrimoniali più redditizi, consentiva ai gruppi imprenditoriali indagati di continuare a operare nel mercato in costante dispregio degli obblighi di legge, frodando il Fisco, gli enti assistenziali e quelli previdenziali nonché arrecando danni economici alle imprese concorrenti operanti nel medesimo segmento commerciale.