CATANIA – I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania, nell’ambito di complesse attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione ad un decreto con cui il Giudice per le indagini preliminari ha disposto misure cautelari reali nei confronti di cinque persone, indagate a vario titolo per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché per aver aggravato il dissesto di una società già in crisi.
L’obiettivo
I controlli fanno parte del più ampio quadro delle azioni svolte dalla Guardia di Finanza di Catania, finalizzate al contrasto della criminalità economico-finanziaria e, in particolare, di tutti quei fenomeni che costituiscono ostacolo alla crescita e alla realizzazione di un mercato pienamente concorrenziale sul quale si basa lo sviluppo di una società più equa e attenta ai bisogni di ciascuno.
Le indagini
Le investigazioni sono state svolte sotto la guida della Procura della Repubblica da unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, e hanno riguardato il dissesto di una società operante nel settore della lavorazione del caffè, raggiunta poi da una sentenza di fallimento del Tribunale di Catania nel 2022.
Gli approfondimenti effettuati hanno fatto emergere che gli indagati avrebbero eseguito una serie di operazioni distrattive del patrimonio aziendale in un periodo in cui la società, prossima al fallimento, stava accumulando ingenti debiti erariali e perdite di rilevante entità. Nello specifico, i predetti avrebbero posto in essere atti idonei e preordinati a proseguire l’attività commerciale nella newco appositamente costituita, abbandonando la bad company.
I movimenti
In particolare, la società fallita, in una fase antecedente alla liquidazione, pur in presenza di un’importante esposizione debitoria, avrebbe comunque presentato un fatturato e un patrimonio netto, permettendole così il risanamento del debito, attraverso una responsabile e oculata gestione. Sarebbe stata invece operata una dilapidazione del patrimonio attraverso la svalutazione di crediti e disponibilità liquide, ovvero tramite cessioni di beni, comportando in tal modo ingenti minusvalenze e perdite d’esercizio.
A questo sarebbe seguito lo spostamento dell’attività produttiva dalla società fallita verso la newco, mediante l’insinuazione della nuova società nella precedente sede, procedendo successivamente ad un progressivo passaggio dell’attività produttiva che avrebbe visto il graduale azzeramento del fatturato della fallita, a favore invece della società subentrante, fino ad attestarsi agli stessi livelli precrisi.
Lo spoglio degli asset più importanti avrebbe riguardato anche dei valori intangibili riconducibili al cosiddetto know-how, una sorta di “travaso” con l’assunzione dello medesimo personale dipendente della fallita nella nuova società e non meno importante sarebbe risultata la possibilità di utilizzare lo stesso marchio per la commercializzazione dei prodotti.
Il debito
Così facendo la società ormai in decozione, con un imponente debito nei confronti dell’Erario corrispondente a quasi tre milioni di euro, sarebbe stata abbandonata dalla compagine sociale, che dopo averne ceduto le quote, avrebbe costituito la newco, continuando ad esercitare l’attività precedente con gli asset distratti dalla bad company, riuscendo a ripristinare il volume d’affari che nel 2023 si attestava a quasi tre milioni di euro e un patrimonio netto pari a quasi 350 mila euro, come da ultimo bilancio, relativo all’anno 2022, depositato in camera di commercio.
Il sequestro
Sulla scorta delle evidenze acquisite dal Nucleo PEF di Catania, il GIP presso il locale Tribunale, condividendo la proposta della Procura, ha dunque ritenuto sussistente in capo agli indagati un grave quadro indiziario in ordine ai reati contestati di bancarotta fraudolenta e documentale, disponendo il sequestro preventivo del nuovo compendio aziendale, beneficiario della distrazione dalla fallita.
Tutte le ipotesi accusatorie avallate dal GIP, dovranno trovare conferma quando verrà instaurato il contraddittorio tra le parti, come legislativamente previsto. Infatti, allo stato degli atti e nell’attuale fase del procedimento, ciò non si è ancora pienamente realizzato.