CATANIA – La crisi economica incalza e tutti scappano dall’Italia. Anche le grandi aziende e le compagnie telefoniche, che preferiscono aprire centri operatori all’estero piuttosto che in Italia.
Così, le società di call center si trovano a vivere delle situazioni difficili a causa della mancanza di introiti, che non consentono di pagare gli stipendi ai propri dipendenti.
Tra questi ci sono gli operatori di Almaviva, in procinto di effettuare ulteriori tagli al proprio personale scatenandone le ire. Questa mattina, davanti al centro wind in via Etnea un folto gruppo di protestanti.
“Siamo qui contro la geolocalizzazione che ci sta mettendo in ginocchio, levando posti di lavoro – spiega Agata Amato, rappresentante RSU Fistel Cisl – La mancanza di accordi con alcuni committenti rischia di mettere in difficoltà 1.700 lavoratori”.
Un problema legato anche ad aspetti legislativi che non tutelano i lavoratori, specialmente quelli siciliani. Il corteo stamattina si è spostato fino in prefettura, con i sindacati pronti a fare la voce grossa, nella speranza di riuscire ad ottenere qualche risultato.
“È una vergogna quello che sta succedendo – dice Natale Falà, rappresentante RSU Cgil -. Con questo job act lo Stato ci rema contro. In questo modo permette di fare un turn over assumendo persone col 40% in meno e mettendo in difficoltà chi lavora da molti anni. Inoltre è assurdo che lo Stato permetta di aprire un call center in Albania”.
Così il difficile momento economico e la mancanza di accordi fra alcune compagnie telefoniche e Almaviva sembra non promettere nulla di buono.
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