Omertà, saracinesche abbassate, violenza e brogli elettorali: Giarre, la città del boss Liotta

CATANIA – Un bacio, uno “smack” tatuato per indicare la propria appartenenza al clan. Intimidazioni e imposizione di omertà: due leve fondamentale per i Laudani, che così avevano il controllo su esercizi commerciali e anche su parte della politica provinciale.

A seguito delle indagini portate avanti dai carabinieri di Giarre, dove sono stati evinti i vari reati di estorsione, furto in abitazione, lesioni e riciclaggio, è saltato fuori in maniera dirompente il nome di Alessandro Liotta, 42enne di Catania, tra gli arrestati dell’operazione odierna “Smack Forever“.

La figura di Liotta incarna esattamente la forza di intimidazione del clan mafioso nei confronti di molti commercianti delle zone in cui “operavano”. Le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, poi, hanno reso più chiara la posizione del 42enne e hanno dato modo agli investigatori di ricostruire l’organigramma e le attività dell’organizzazione.

Liotta, innanzitutto, era già stato arrestato nel febbraio 2017 nell’operazione “Bingo!”, poiché a capo di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Un’attività abbastanza florida. Essendo già al vertice di un’associazione, i membri del clan Laudani decidono poi di posizionarlo come capo e promotore su Giarre, avvalendosi dei suoi affiliati per molteplici attività criminali.

“A testa alta”, infatti, Laudani minacciava i titolari degli esercizi commerciali aperti da poco tempo e, quindi, oggettivamente in maggiore difficoltà visti gli investimenti effettuati. Chi si rifiutava, o chi pagava in ritardo, subiva pestaggi o pesanti intimidazioni con bottiglie contenenti liquido infiammabile.

Un controllo completo su questi negozi, che non hanno potuto far altro che abbassare la saracinesca a fronte delle troppe spese e minacce. Una realtà sociale che ha soffocato, e continua a soffocare, le possibilità di crescita del territorio.

Alessandro Liotta (42)

Si è parlato di estorsione, di “pizzo”, ma non ancora di tornate elettorali: perché il clan Laudani, e Liotta nella fattispecie, è arrivato anche lì. Bisogna risalire a giugno del 2016, quando si svolgevano le elezioni amministrative comunali per la nomina del nuovo sindaco di Giarre.

Non è emersa prova alcuna per lo scambio di voti, ma le indagini hanno attestato l’interessamento dell’arrestato e dei suoi sodali per quelle elezioni, finalizzato probabilmente per accaparrarsi dei benefici futuri. Attestati, tuttavia, alcuni contatti con diversi candidati “di comodo”, non meglio identificati, e l’attivazione del clan con metodi di pura corruzione per ottenere la preferenza elettorale: i più comuni, ovvero soldi e regali vari.

Nella fattispecie, sarebbero emerse alcune parole uscite proprio dalla bocca di Liotta quando intimava a uno sconosciuto di dare il voto “agli amici nostri” e non “ai santapaoliani“.

Estorsione, brogli elettorali: manca l’ultimo tassello, quello dell’assegnazione delle case popolari. Il boss 42enne scomputava debiti che vantava nei confronti di terzi sottraendo gli immobili ai precedenti possessori, anche con modalità violente. Un’ulteriore conferma del controllo del territorio da parte del sodalizio criminale.

Liotta è stato arrestato, così come altre 16 persone del clan, ed è detenuto nel carcere Bicocca di Catania.