“Nicole poteva vivere”, i sindacati attaccano la politica

CATANIA – Dolore, polemiche e accuse. La morte della piccola Nicole continua a far discutere e nelle ultime ore – mentre gli inquirenti cercano di delineare le responsabilità della “catena” sanitaria – diversi sono stati gli interventi in merito.

In primo luogo i sindacati hanno evidenziato i punti oscuri di una morte evitabile. Calogero Coniglio – segretario regionale del coordinamento FSI -CNI Coordinamento Nazionale Infermieri – spiega che “Nicole si sarebbe potuta salvare” e la responsabilità è “di chi ha cancellato quel posto letto che ha portato alla morte una bambina appena nata”.

Il sindacato pone l’attenzione sulla situazione dell’ospedale “Santo Bambino” per quanto riguarda la terapia intensiva.

“Al Santo Bambino nel padiglione B ci sono 5 posti di terapia intensiva neonatale con respiratori automatici e una semintensiva con 10 posti letto – precisa Coniglio -. Nello stesso reparto basterebbe eliminare le 12 cullette dove vengono ricoverati i neonati solo per visite che non richiedono apparecchi particolari come le visite oculistiche, neuromotorie, otorino ed esami ematici. Visite che potrebbero essere eseguite ambulatorialmente da esterni, costituendo nel padiglione A (settore universitario), dove ci sono gli spazi, un poliambulatorio di neonatologia”.

“Qui, infatti – prosegue il sindacalista – attualmente si fa solo lo screening neonatale allargato. Nel settore dove ci sono le 12 cullette si ricaverebbero così altri 5 posti letto di terapia intensiva neonatale e si arriverebbe a 10 posti. Un grande boccata d’ossigeno per la Sicilia orientale”.

Anche la Cgil ha sottolineato le gravi  responsabilità politiche sul caso della piccola Nicole ed è intervenuta stamattina con il segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota, la segretaria confederale Nicoletta Gatto, la responsabile del Dipartimento confederale Pubblico impiego, Rosaria Leonardi, il responsabile del Dipartimento Sanità Turi Cubito, il segretario generale della Fp Cgil, Gaetano Agliozzo. 

Per la Cgil, insomma, il governo regionale non avrebbe dato seguito alle promesse degli ultimi anni, né avrebbe mai curato un vero confronto con i sindacati proprio a proposito di un tema molto delicato come quello della rete ospedaliera.

“Ci chiediamo per quale motivo non sia più disponibile il servizio di elisoccorso che, probabilmente, sarebbe servito alla bambina – dice Giacomo Rota -. Purtroppo i tagli sconsiderati alla sanità non permettono al servizio di essere disponibile nelle ore notturne. Vorremmo poi capire se 38 posti di UTIN (la terapia intensiva neonatale) sono da ritenersi sufficienti per la popolazione della provincia di Catania, se cioè sono sufficienti a soccorrere i nostri piccoli nel caso dovessero averne bisogno”.

La Cgil vuole poi sapere come mai ospedali importanti come il Policlinico, il Vittorio Emanuele e il Cannizzaro, si ritrovano ancora oggi senza direttori generali.

“Resta infine da chiedersi – sottolinea il sindacato – come mai la Regione ritiene sia giusto chiudere i reparti con meno di 500 parti all’anno, quando la stessa regola non verrebbe invece applicata alle strutture private“.

A fornire qualche numero sui parti a Catania è stata Rosaria Leonardi: nella provincia sono 12 mila, in media, in un anno, e di questi 1000 sono statisticamente collegati a nascite di prematuri.

“Non si può non tenere conto di questo dato, e della realtà anche sociale della madri, che oramai – anche se non ci riferiamo al caso specifico di Nicole – partoriscono in età sempre più matura a causa di una crisi economica e di una mala occupazione che non permette loro di farsi una famiglia quando vorrebbero”.

“La rete del sistema di rianimazione è carente – concludono i sindacati – sia di posti che di personale, le assunzioni di medici restano nell’albo delle promesse mai mantenute. La procedura STEN, il sistema che dovrebbe garantire l’assistenza proprio nella neonatologia, è carente sia di mezzi che di personale”.

Andrea Sessa

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