CATANIA – Le attività svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA), durante l’ultimo semestre del 2017, hanno consentito una mappatura dei gruppi mafiosi della provincia di Catania, nonché dei principali settori in cui Cosa Nostra converge le sue forze. In base al rapporto ufficiale della DIA ecco cosa emerge.
I clan catanesi sembrano, essenzialmente, dislocarsi così nelle diverse zone del territorio: il clan Mazzei controlla l’area di Bronte, Cesarò, Maletto, Misterbianco; il clan Pillera-Puntina ha il dominio su Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Giardini Naxos (ME), Taormina (ME); il clan Cappello-Bonaccorsi controlla, assieme al precedente, Calatabiano, ma anche Catenanuova (EN), Portopalo di Capo Passero (SR).
Il clan Santapaola-Ercolano esercita il suo potere su Aci Catena, Aci S.Antonio, Acireale, Adrano, Bronte, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Palagonia, Paternò, Santa Venerina, Zafferana Etnea. Il clan Sciuto-Tigna controlla Scordia e Militello Val di Catania. Al clan La Rocca appartiene Caltagirone, Castel di Iudica, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarone, Militello Val di Catania, Mineo, Palagonia, Ramacca, San Cono, San Michele di Camastra.
Se alcuni comuni vedono la compresenza di diverse famiglie mafiose, ai Piacenti, detti “I Ceusi“, sembra spettare il controllo pieno ed esclusivo del comune di Catania.
Il clan dei Laudani si occupa, invece, di Acireale, Adrano, Belpasso, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Gravina di Catania, Mascalucia, Paternò, Piedimonte Etneo, Randazzo, Riposto, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, Tremestieri Etneo, Viagrande, Zafferana Etnea. Il clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello controlla Adrano, Biancavilla e Paternò.
Il metodo collusivo-corruttivo, messo in pratica dalla mafia di recente impostazione, tendenzialmente preferisce evitare, se non in rare eccezioni, il ricorso a minacce o intimidazioni. Ciò per cui propende è, invece, stringere dei sodalizi mafiosi che le consentano di controllare il territorio, in tutte le direzioni. Nessun campo sembra escluso, la mafia raggiunge i vertici di diversi settori: edilizia; rifiuti; trasporti (anche marittimi); ristorazione; agroalimentare; reti di vendita e grande distribuzione; scommesse clandestine; manutenzione del verde del suolo e degli edifici pubblici, pubblica amministrazione; mercato delle energie alternative.
Proprio i funzionari pubblici e i rappresentanti delle Amministrazioni offrono alla mafia siciliana, per esempio, l’opportunità di vincere appalti, di smaltire i rifiuti e approfittare di “urgenze e necessità”, spesso strategicamente causate, per accaparrarsi i fondi pubblici. Nel primo semestre del 2017 la famiglia Santapaola-Ercolano ha cercato di impossessarsi di fondi agricoli, per ottenere le erogazioni di contributi a favore dell’agricoltura. I clan catanesi, infatti, per beneficiare dei fondi pubblici, mirano anche ai patrimoni immobiliari rurali. In tal modo riescono ad accaparrarsi finanziamenti riservati allo sviluppo di attività produttive agricole e zootecniche, nonché a truffare lo Stato, impiegando fittiziamente i braccianti.
A proposito dello smaltimento dei rifiuti, nel mese di novembre l’operazione “Gorgoni“, ha colpito 16 soggetti, tra i quali imprenditori del settore e pubblici amministratori, considerati vicini al clan Cappello-Bonaccorsi e Laudani. I responsabili sono stati accusati di turbativa d’asta, corruzione, concussione, aggravati dal metodo mafioso. L’operazione ha portato, inoltre, al sequestro di un’azienda con sede a Misterbianco (CT) e di un’altra con sede a Porto San Elpidio (FM), per un valore di 30 milioni di euro.
Cosa Nostra della città etnea si interessa anche dei servizi di onoranze funebri. Nel mese di dicembre i carabinieri, nell’operazione “Ambulanza della morte”, hanno fermato un addetto al trasporto in ambulanza che procurava la morte ai pazienti per incrementare i profitti delle agenzie di onoranze funebri, appartenenti ai clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello e Santangelo.
Nell’ambito dell’approvvigionamento e smercio delle sostanze stupefacenti, diverse operazioni hanno appurato i collegamenti con altre associazioni di criminalità organizzata di altre regioni italiane: la Camorra campana e la Sacra Corona Unita pugliese forniscono marijuana e hashish alla mafia siciliana; il clan Cappello-Bonaccorsi viene rifornito di cocaina dalla ‘Ndrangheta calabrese.
Singolare risulta il nuovo modello narcos adottato dalla mafia catanese: quando vengono cedute grandi quantità di stupefacenti, spesso accade che alcuni acquirenti vengano sequestrati sino al pagamento della somma dovuta.
Accanto al narcotraffico, merita attenzione il crescente business delle scommesse clandestine, che coinvolgono tanto le sale giochi, quanto le competizioni non autorizzate. Numerosi centri scommesse che presentavano irregolarità sono stati sequestrati.
Assieme a queste “novità” troviamo la tratta di essere umani: i mafiosi catanesi approfittano dei canali umanitari, creati per il rispetto delle norme previste per i rifugiati o richiedenti asilo, per stringere dei sodalizi con i trafficanti clandestini dei Paesi d’origine. Grazie a questi corridoi la mafia siciliana traffica armi, ricicla denaro, come testimoniano alcune operazione seguite dalle forze dell’ordine, che collegano Cosa Nostra persino alla criminalità albanese.
Molti extracomunitari, poi, vengono utilizzati dalla mafia per la manodopera o per le loro attività “di strada”: prostituzione, spaccio, vendita di prodotti contraffatti. A questi viene affiancato un numero sempre crescente di minorenni, impiegati per raggiungere la “maturità criminale”.
Anche il comparto agroalimentare, in provincia di Catania, risulta compromesso: la criminalità organizzata rivolge la sua attenzione sui mercati ortofrutticoli, sul trasporto e sulla commercializzazione delle merci, nonché sullo sfruttamento della manodopera agricola. La DIA, nel mese di luglio, ha sequestrato beni societari, immobiliari e rapporti bancari, per un valore di 10 milioni di euro, riconducibili a un paternese, responsabile anche di sfruttamento della manodopera.
Cosa Nostra catanese continua a essere caratterizzata da un’ingente disponibilità di armi e dalla pratica di estorsioni. Queste hanno anche la funzione di controllare il sistema economico e produttivo: prezzi imposti, forzata assunzione di dipendenti, sub-affidamento nell’esecuzione di lavori pubblici, penalizzano tutti i cittadini.
Avvertimenti e “punizioni” dei mafiosi, come l’incendio, le esplosioni di colpi d’arma da fuoco, a volte sono gli unici campanelli d’allarme che consentono alle forze dell’ordine di intervenire, in una provincia dove l’omertà e il favoreggiamento giocano, ancora, a supporto della criminalità.