“Mio padre si sente male, al Pronto Soccorso di Paternò situazione allucinante”. LA DENUNCIA

“Mio padre si sente male, al Pronto Soccorso di Paternò situazione allucinante”. LA DENUNCIA

PATERNÒ – Un nostro lettore ci scrive per segnalarci una situazione alquanto incresciosa che, speriamo, possa stimolare gli organi competenti a dare risposte concrete su quanto denunciato: 

“Siamo un paese e nello specifico una Regione, la Sicilia, che ancora non ha imparato, nonostante l’evidente necessità, a fare prevenzione e sicurezza. Voglio raccontare la mia disavventura con il numero unico delle emergenze 112 ed il Presidio Ospedaliero di Paternò, al solo scopo di stimolare gli organi competenti, ad evitare che un malore possa degenerare in tragedia.

La vicenda risale al 10 Agosto corrente anno. Mi trovavo presso la mia casa di villeggiatura al confine tra Belpasso e Ragalna, quando all’improvviso mio padre, che per fortuna adesso sta bene, perde i sensi. Preoccupato, in una prima fase, mi adopero per farlo rinvenire e, immediatamente dopo, chiamo il numero unico delle emergenze, immaginando un pronto intervento.

Sono circa le 12,20 e mi risponde una musichetta di attesa e dopo circa 5 minuti l’operatore. Mi localizza esattamente e mi chiede cosa sia successo. Dopo il mio concitato racconto, mi dice: «Aspetti che le passo l’operatore». Altra musichetta di attesa. Dopo qualche minuto, paragonabile all’eternità, mi risponde un secondo operatore, mi chiede anche lui il motivo della chiamata ed io nuovamente racconto l’accaduto. Mi domanda dove mi trovo e dopo mi dice che sta inviando l’ambulanza.

Sono passati 10 minuti  – racconta il nostro lettore -. Capisco subito che più cose non vanno. Il primo operatore mi localizza il secondo non sa da dove chiamo, così come il primo sa il motivo della chiamata il secondo no. Mi chiedo che senso ha perdere tempo prezioso. Avendo capito il mal funzionamento e seriamente preoccupato per la salute di mio padre richiamo alle 12,49 circa (sono passati 30 minuti) il 112 chiedendo di mettermi in contatto con gli operatori dell’ambulanza, per meglio indicare dove mi trovassi.

La telefonata dura circa 7 minuti e mi sento pure dire: «si ma noi lo portiamo in ospedale». A questo punto facevo prima a caricare mio padre in macchina e correre, come si faceva una volta. Capendo che non sapevano dove andare decido mio malgrado e per fare più in fretta, di lasciare mio padre da solo e con la mia macchina aspettare l’ambulanza all’ingresso di Ragalna. 

Mi chiedo come funziona questo servizio? Cioè il primo operatore localizza la chiamata il secondo ed ancora peggio il mezzo di soccorso non ha le coordinate. Finalmente le sirene e l’arrivo alle 13,03 dei soccorsi come testimoniato dalla chiamata alla centrale operativa, che fa l’autista-soccorritore, con il mio cellulare visto che né la radio dell’ambulanza, né il suo cellulare riuscivano a comunicare. I’equipaggio era composto da due persone. Si attivano per misurare pressione e battiti, che risultano essere molto accelerati.



Prendono mio padre lo fanno salire in ambulanza e partono diretti all’ospedale più vicino che è Paternò. Chi conosce Ragalna, sa che dal centro del paese all’ospedale si impiegano circa 15 minuti. Siamo arrivati alle 13,30 dopo circa un’ora dalla mia prima chiamata. Al Pronto Soccorso di Paternò trovo una situazione allucinante, una sala ‘diciamo triage’ piccola e stracolma di persone con le più disparate necessità, che non sto qui a raccontare; così tutti insieme.

Aria condizionata quasi inesistente. Mio padre entra quasi subito, ed altrettanto velocemente arriva l’infermiere che inizia a trattarlo, grondando di sudore. Mi rendo conto dello stato in cui lavorano gli operatori di questo presidio ospedaliero, non degno di un paese cosiddetto civile. Visto lo scenario mi allarmo di più augurando che tutto si risolva positivamente e mi metto da parte per non creare ulteriore confusione. Non so se questo Pronto Soccorso sia a norma, ma non credo.

Ancora peggio scopro che l’ospedale non è attrezzato per fare analisi e che i campioni vengono inviati all’ospedale di Biancavilla, anche quelli con carattere di urgenza. Immagino l’impiegato che prende le provette e scappa a Biancavilla per poi tornare con gli esiti. Davvero inimmaginabile. Raccontato tutto questo per fare soltanto delle considerazioni. Il servizio unico delle emergenze nella teoria dovrebbe diminuire i tempi, in realtà è l’esatto contrario.

Trovo assurdo che non si intervenga immediatamente per risolvere subito le storture organizzative, per il bene dell’intera collettività. Se a causa della tempistica, non breve, di questo servizio l’emergenza si trasforma in tragedia a chi va addebitata la colpa? Se non si riesce a renderlo velocemente funzionale, sarebbe meglio tornare ai “vecchi” numeri ,118, 112, 113, 115 etc etc.

Provo ad immaginare cosa possa accadere se capitasse un’emergenza collettiva. Se capitasse un terremoto oppure un alluvione, sarebbe impossibile gestire l’emergenza. Oppure qualcuno tenta di entrare a casa mia, impaurito chiamo il numero unico delle emergenze, e con questo risultato? Davvero senza parole. Così come che senso ha tenere un Pronto Soccorso come quello di Paternò in questo stato?

Un Pronto Soccorso che definisco strategico vista l’ubicazione. Perché non attrezzarlo e renderlo davvero funzionale al trattamento almeno delle prime emergenze? Lasciandolo in questo stato si rischia davvero di creare danni seri a chi ha davvero bisogno. E poi, anche qui se l’emergenza si trasforma in tragedia, chi sarebbe il responsabile? Auspico e chiedo agli organi competenti, che si attivino con forza risolutiva, al fine di correggere o meglio ancora eliminare pericolose inefficienze, al solo fine di tutelare la collettività intera”.

Carlo Lo Faro