Migranti: oggi accogliamo, ma ieri eravamo accolti. La storia di Angela

Migranti: oggi accogliamo, ma ieri eravamo accolti. La storia di Angela

CATANIA – Storie di uomini, storie di donne, storie di persone costrette a lasciare i loro paesi per cause molto gravi. Le guerre, la fame, un mondo in cui la gente non si riconosce: sono queste le cause principali del fenomeno chiamato “emigrazione”.

La Sicilia, oggi, alcuni la definiscono “la casa degli immigrati”, dando a quest’ultimo termine un senso dispregiativo. L’isola, infatti, è uno dei luoghi prima raggiungibili dalle coste nord-africane, da dove ormai partono quasi quotidianamente migliaia di persone alla ricerca di un mondo migliore. Accoglierli o meno? La questione è quanto mai apertissima. 

La storia della Sicilia, però, racconta anche di un lungo periodo di emigrazione, soprattutto negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. I motivi, anche una volta, erano sempre gli stessi ma con prospettive ribaltate rispetto a oggi. Vogliamo raccontarvi la storia di una signora catanese, Angela, emigrata molti anni fa in Germania.

“I periodi dopo la guerra sono stati terribili in Sicilia: le possibilità lavorative erano scarse e soffrivamo la fame”, dice Angela ai nostri microfoni. “Sono partita per la Germania all’età di 36 anni con mio marito e i miei tre figli. Lì avevamo dei parenti, che diverse volte ci avevano parlato delle maggiori possibilità di lavoro“.

“Sono stati periodi difficili: la lontananza dalla propria terra si faceva sentire, ma era tutto diventato una questione di sopravvivenza. Per i primi periodi – continua Angela – siamo stati accolti in casa dei nostri parenti e a poco a poco dopo essere entrati in sintonia con l’ambiente, tutti, compresi i miei figli, abbiamo cominciato a lavorare”. 

Angela lavorava in una fabbrica di dolci, dove “noi operai venivamo trattati con rispetto e qualora lo meritassimo ci veniva riconosciuto un aumento di stipendio”. Con forza di volontà da parte di tutti, la famiglia di Angela è riuscita a guadagnare una cifra tale da poter affittare una casa, dove però “soffrivamo la solitudine a causa di una lingua che mai siamo riusciti a imparare”.

Dopo aver raggiunto una stabilità economica, le cose non andarono più per il meglio: “Mio marito si ammalò gravemente – dice Angela – e io per assisterlo ho dovuto rinunciare al lavoro. Di comune accordo, abbiamo deciso di tornare a casa, in Sicilia, dove grazie ai soldi guadagnati siamo riusciti a comprare una casa e assistere mio marito, il quale aveva sempre espresso la voglia di ritornare”.

Non manca un’opinione finale della signora Angela sulla situazione attuale della Sicilia: “Auguro a tutta questa gente di trovare una stabilità. Stare lontani dalla propria casa, dalle proprie abitudini, dai propri affetti è difficile e la mia esperienza lo conferma. Dobbiamo aiutare queste persone a non morire durante i lunghi viaggi in mare o per la fame che soffrono nelle loro terre”. 

La Sicilia, quindi, anche sull’aspetto “migranti” ha avuto la possibilità di poter convivere con la doppia faccia di una stessa medaglia: ieri siamo stati accolti, oggi siamo noi ad accogliere.