CATANIA – Avrebbe scavalcato l’amministratore unico, inviando una Pec in cui annuncia la “volontà di procedere a licenziamenti collettivi“: protagonista l’imprenditore ed editore Mario Ciancio.
É quanto riportato in una nota sindacale pubblicata dal suo quotidiano, La Sicilia, che così inizia: “L’assemblea di redazione del quotidiano La Sicilia ha invitato il Comitato di redazione del giornale a conferire mandato a un legale affinché appronti un’istanza di fallimento per la società proprietaria della testata“.
La Pec di Ciancio porrebbe in stand-by la trattativa che vi era in corso tra l’amministratore unico e il comitato di redazione.
Alla base della crisi del quotidiano catanese – cominciata circa nel 2020 – vi sarebbero diverse questioni: prima fra tutte il mancato versamento degli stipendi, cassa integrazione e pensionamenti anticipati di diversi colleghi.
“La puntualità non è mai stata rispettata – si legge nel testo della nota – e soltanto ieri i giornalisti hanno avuto pagato, ironia della sorte, lo stipendio di luglio“.
L’azione messa in atto da Ciancio, viene definita come “l’ennesimo atto offensivo di una proprietà che in questi anni ha fatto sedere al tavolo delle trattative consulenti sempre nuovi e sempre più determinati ad apportare tagli a retribuzioni e organico. Ciò per fronteggiare una presunta emorragia pari a centomila euro al mese, che nessuno è stato mai in grado di dimostrare“.
A “condannare” l’imprenditore ed editore è anche il direttore de La Sicilia, Antonello Piraneo. “Sono pronto a rimettere il mandato e a lasciare l’azienda“.
“Tagli e licenziamenti che vengono minacciati mentre lo Stato ha messo a disposizione dell’editoria fondi per avviare i prepensionamenti: nell’arco di un anno, ma già nel giro di pochi mesi sarebbero ben cinque, otto colleghi potrebbero raggiungere, per quanto con delle perdite economiche significative, il traguardo della pensione. L’azienda invece di correre e attivare tutte le procedure, con importanti risparmi, ha scelto la strada delle lacrime e sangue. Ma non possono essere sempre e soltanto di questa redazione“, conclude la nota.
Intanto Mario Ciancio rischia una condanna a dodici anni di reclusione: almeno secondo la richiesta della Procura dello scorso marzo. L’imprenditore è a processo per concorso esterno.
In bilico anche i suoi beni, per cui i pubblici ministero – nella loro requisitoria – ne chiesero la confisca (compresi 40 milioni di euro presenti in conti bancari) che gli erano già stati dissequestrati. Si parla di beni dal valore di circa 150 milioni di euro.
Le accuse mirano ai rapporti che Ciancio avrebbe avuto con esponenti di spicco di Cosa Nostra.
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