Cronaca

Le “Ntuppatedde” di Sant’Agata: il richiamo velato della libertà femminile

CATANIA – Da giorni Catania è in fermento per l’arrivo della Festa di Sant’Agata, conosciuta come la terza manifestazione religiosa più seguita al mondo, dopo anni bui di Coronavirus che ne hanno impedito il normale svolgimento.

Dall’Etna alla via Etnea, quasi un gioco di parole che converge verso un unico obiettivo: far conoscere la Santa Patrona a tutti i presenti tra sapori, ornamenti, cultura e storia.

Saltano all’occhio, per le strade della città etnea, con i loro indumenti bianchi e un velo che fa trasparire i lineamenti del viso le cosiddette “Ntuppatedde“.

IL TERMINE “NTUPPATEDDE” E IL SIMBOLO LASCIATO NEGLI ANNI

La parola “Ntuppatedde” deriva dal termine siciliano “tuppa“, riferendosi alla membrana che protegge il corpo della lumaca, richiamando a qualcosa di nascosto. Da questa interpretazione è nata la tradizione catanese che si riferisce alle donne che si travestono e si coprono il volto durante la festa di Sant’Agata per non rivelare la propria identità.

Le donne velate sono una tradizione catanese legata alla festa della patrona di Catania, Sant’Agata, che si celebra dal 3 al 5 febbraio. Durante queste giornate, molte donne indossano un velo che copre il viso, come segno di rispetto per la Santa.

La tradizione delle donne velate risale ai tempi antichi, quando le donne catanesi indossavano il velo per nascondere il loro volto durante la processione in onore di Sant’Agata. Questo gesto è diventato un simbolo di devozione con le interpreti femminili che ancora oggi continuano a seguire questa usanza.

Durante la festa di Sant’Agata, le donne velate sfilano in processione insieme ai devoti, portando candele accese e pregando per la Patrona. Il velo, solitamente bianco, simboleggia la purezza e l’innocenza ed è considerato come un segno di culto.

Le “Ntuppatedde” di Sant’Agata sono un importante elemento della tradizione catanese insieme alle Candelore che accompagnano i giorni clou della celebrazione. Un’usanza ancora molto sentita nella città dell’elefante che rappresenta un momento di unità e solidarietà per la comunità.

“NTUPPATEDDE” IERI E OGGI

• Nella Sicilia che va dal 1600 al 1800, la donna aveva poche occasioni di divertimento. In occasione della festa di Sant’Agata, le donne potevano uscire con il vestito più bello che avevano chiedendo in giro doni e affermando la propria libertà e i propri diritti, libere dal principio di subalternità maschile.

• Oggi il ruolo delle “Ntuppatedde” è quello di riprendere l’originale tradizione, ma anche di accompagnare la processione di Agata da piazza Duomo alle arterie principali cittadine. Il gruppo di giovani ragazze, che ballano e danzano, destano inevitabilmente curiosità e stupore, oggi come allora.

IL POST FACEBOOK DELLE DONNE VELATE DI SANT’AGATA

Dieci anni fa la nostra prima apparizione, la nostra prima incursione. Con meraviglia e stupore ci avvicinammo allo studio di una misteriosa figura femminile che appariva durante la festa di Sant’Agata: La Ntuppatedda. Il tempo aveva operato su di lei una totale cancellazione, più nulla restava del suo passaggio, il suo sparire aveva indubbiamente messo fine alla presenza femminile all’interno della festa.

Decidemmo, allora, per un solo giorno di omaggiarla, di rivendicarla, di reinventarla: la mattina del 3 Febbraio. Giorno in cui Lei e il suo diritto di libertà potevano manifestarsi. E se rifiorisse? Se rifiorisse, il suo passo, il suo volteggio, la sua danza, il suo gioco, la sua corsa, il suo andare? Pensammo, immaginammo, agimmo.

Ci vestimmo di abiti bianchi e lucenti, ci “intuppammo”, e scivolammo nelle viscere della città e della sua festa. In una città che ha dell’assurdo, il nostro assurdo apparire tornò dopo tanto tempo finalmente a casa.

Abbiamo ripetuto l’azione anno dopo anno, incarnato l’ancestralità di queste figure, come nostre antenate, chiamato donne ad unirsi a noi. Ed eccoci al compimento del decimo anno. Un tempo giovane il nostro, che è volato e che ha tracciato un segno. Che la nostra azione politica e poetica continui a resistere. Che sia festa, che sia danza!

Evviva le Ntuppatedde, auguri alle Ntuppatedde e a tutte le donne che in questi dieci anni sono state il cuore vivo e pulsante di questa avventura. E grazie a chi ha danzato con noi per le strade, a chi ci pone domande, a chi si pone domande, a chi ci contesta, a chi ci detesta. Tutto continua a farci sorridere, il nostro fiore rosso ci guida, il nostro velo di luce ci conduce“.

Foto di Floriana Garofalo

Filippo Rubulotta

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