L’ambulanza della morte e gli agghiaccianti racconti dei testimoni: “Dammeli tu 200 euro che non lo ammazzo”

BIANCAVILLA – Agghiaccianti le deposizioni raccolte dagli inquirenti, nessuna pietà nelle parole di Dario Garofalo, accusato di aver ucciso, tra il 2014 e il 2016, tre malati terminali iniettando loro aria con una siringa e provocando, quindi, un’embolia gassosa.

“Questo è stato duro a morire, gli ho dovuto fare più punture” oppure “Sto velocizzando il lavoro, tanto questa tra qualche ora muore lo stesso”. Tutto questo solo per guadagnare 300 euro per la vestizione della salma.

Le vittime erano i malati dimessi da un ospedale per consentire loro di vivere gli ultimi momenti nel conforto di casa, conforto che non hanno mai avuto.

Indagati anche altri due complici, al momento a piede libero, per i 50 malati morti in circostanze sospette. La Procura di Catania ritiene ci siano elementi a sufficienza per dimostrare il macabro sistema messo a punto.

L’operazione era sempre la stessa: le vittime venivano messe sul lettino e caricati sull’ambulanza e, nel breve tragitto dall’ospedale all’abitazione, gli ambulanzieri abbassavano il lenzuolo, alzavano la manica del braccio con l’ago della flebo e con guanti e siringa iniettavano l’aria.

Scioccanti le dichiarazioni di alcuni autisti delle ambulanze che hanno ammesso di aver visto Garofalo, in più occasioni, effettuare la puntura fatale. Lui stesso ammetteva di praticarle, parlando con il titolare della ditta di ambulanze private, senza specificare a chi le faceva. Il titolare ha raccontato anche che, quando morì il padre di un suo caro amico, lo stesso Garofalo gli disse espressamente che era stato duro a morire e aveva dovuto fargli più punture. Lo stesso autista, che aveva guidato l’ambulanza in quell’occasione, confermò che aveva visto Garofalo effettuare la puntura d’aria.

Più volte, secondo quanto sarebbe emerso, il malato sarebbe morto mentre Garofalo stava dietro. Il tutto sempre allo stesso modo, con la vittima con la bava alla bocca.

Quando l’autista provò a ribellarsi, una volta, Garofalo rispose: “Dammeli tu 200 euro che non lo ammazzo”.

Tra le dichiarazioni anche quella della moglie di una delle vittime, la più giovane, 55 anni. La donna ha spiegato che, appresa la notizia della morte del marito, si precipitò subito a casa dove trovò il defunto già nell’abitazione con due uomini che lo vestivano. Alla morte, infatti, seguiva subito una vestizione veloce.

La conferma arriva anche dal figlio di una delle vittime, che racconta di aver notato, entrando all’interno dell’ambulanza parcheggiata sotto casa sua, che l’avambraccio sinistro del padre era scoperto fino al gomito.