La storia di Sarah, rapita dal padre torna in Sicilia su un gommone ma viene espatriata

CATANIA – Arriva dall’avvocato Giuseppe Lipera del Foro di Catania, una nota depositata al Tribunale civile etneo, in merito alla decisione sull’espatrio – emesso dal Questore di Trapani – nei confronti di una ragazza di vent’anni nata in Sicilia da genitori tunisini.

L’udienza per il ricorso contro il provvedimento del Giudice di Pace, che si è dichiarato incompetente per territorio, si terrà il 19 febbraio prossimo.

La storia di una giovane nata in Sicilia che torna su un barcone

La giovane era tornata in Sicilia – perché rapita dal padre – su un barcone approdato a Pantelleria, per raggiungere la madre che era rimasta a Catania.

Secondo l’avvocato Lipera, “la fattispecie concreta in cui si trova la giovanissima Sarah non è disciplinata da alcuna norma, perciò va risolta col buon senso. La madre l’ha aspettata per anni, tentando invano, purtroppo, tutte le strade per farla tornare già da minorenne. Ha tentato innumerevoli volte di ricongiungersi alla amata madre, ma le macchinazioni burocratiche del nostro Ordinamento gliel’hanno sempre impedito“.

A presiedere l’udienza della prima sezione civile del Tribunale sarà il giudice Rosario Maria Cupri.

Le parole dell’avvocato Lipera

La giovane Sarah – spiega il penalista catanese – è stata costretta a raggiungere Catania, la mamma e i fratellini, con un gommone, dopo un viaggio di quattordici ore, per colpa della burocrazia del nostro Paese. Adesso è finalmente tornata a casa propria, con la sua mamma e i suoi fratelli: né politica né diritto possono permettersi di dire che Sarah non sia in casa propria“.

Nelle note, in maniera preliminare, l’avvocato Lipera contesta un passaggio della memoria presentata dall’Avvocatura dello Stato per conto della Questura di Trapani in cui si afferma che “è bene, però, subito fugare ogni dubbio in relazione alle farneticanti elucubrazioni – dal valore più politico che giuridico – sulla cittadinanza della ragazza“.

Per il legale la frase è “assolutamente offensiva e ingiuriosa oltre che errata, inappropriata per un atto difensivo e del tutto superflua” e ne chiedel’immediata cancellazione dagli atti di causa“, riservandosi di “di ricorrere alle Autorità competenti al riguardo“.

In foto il Tribunale di Catania