CATANIA – Ci sono incontri seppur brevi che cambiano definitivamente il proprio modo di vedere la vita, la società, e che infondono fiducia nello Stato e nel futuro.
L’incontro con Renato Panvino, capo centro della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Catania, è sicuramente stato uno di questi.
Senza manie di protagonismo, in modo silenzioso ma efficiente, scrupoloso e deciso, non è certamente incline a concedere interviste, per questo motivo incontrarlo per noi è stato ancor più importante.
Nei due anni trascorsi a Catania sono cambiate tante cose, tanti risultati sono stati raggiunti e tanta strada c’è ancora da percorrere.
“Catania è una grande città dove lo Stato è rappresentato da funzionari di primissimo ordine: dal questore, il dottor Cardona, al prefetto, alla guardia di finanza, col colonnello Manna e il colonnello Gargano. Li cito tutti perché tutti hanno svolto operazioni importantissime. Catania ha delle risorse incredibili; un’amministrazione comunale guidata da un sindaco che è stato già ministro dell’Interno, una persona di un grande carisma e di una grande forza“.
“La Direzione Investigativa antimafia, che è l’ufficio principe per quanto riguarda le attività antimafia, si insedia e si inserisce in questa che è la squadra-Stato. Noi a Catania abbiamo istituito un modello, con la procura della Repubblica, e l’abbiamo chiamato “modello Catania“, cioè alle attività di Polizia Giudiziaria, abbiamo fatto giungere con celerità il sequestro patrimoniale dei beni”.
Il sequestro dei beni. Basta scorrere velocemente le ultime pagine di cronaca per avere un’idea dell’immane patrimonio sequestrato a Cosa Nostra.
“È molto importante perché da una parte si colpisce l’organizzazione dall’altra si svuotano le casse. Quello che dico sempre è che le organizzazioni criminali devono essere rese inoffensive. Questa è la nostra forza. Nel momento in cui noi riusciremo a svuotare le loro casse loro non avranno più un potere economico e non avranno la possibilità di gestire nulla e, agli occhi dei cittadini, saranno stati svuotati della loro forza economica ma saranno anche assicurati alla giustizia e sconteranno un periodo di pena. Un doppio binario. Ma lo diceva già Giovanni Falcone che ‘seguendo i soldi’ delle organizzazioni riuscì a cominciare a vedere il quadro completo dell’organizzazione mafiosa“.
In risposta al sondaggio che mostrava come per 4 ragazzi su 10 la Mafia è più forte dello Stato, Panvino risponde:
“Non è vero che è più forte e lo abbiamo dimostrato. I colpi che sono stati dati alla criminalità organizzata nell’ultimo biennio hanno dimostrato che ad essere colpita non è stata la ‘manovalanza’ ma i promotori e soprattutto quella cerniera che sta tra la mafia e gli affari. Se i ragazzi in età scolastica hanno questa percezione bisogna portare l’informazione attraverso tutti i media, perché la fiducia della gente si deve acquistare giorno per giorno. Le grandi operazioni non nascono dal nulla, ma sono frutto di grandi sacrifici: ci sono poliziotti, carabinieri che hanno addirittura sacrificato la propria vita per lo Stato e dobbiamo portare loro rispetto. La memoria non può e non deve essere cancellata, deve diventare il nostro punto di riferimento per fare sempre meglio“.
Trasparenza, correttezza e onestà: valori che emergono con forza dalle parole di Panvino.
“Anche l’architettura del nostro palazzo vuole trasmettere questo: non ci sono massicce pareti ma vetri ed è trasparente, proprio perché il cittadino si deve sentire tutelato, voluto bene e sostenuto dalle istituzioni“.
I cittadini devono diventare parte attiva nella lotta alla Mafia “non si può mercanteggiare, le regole sono e devono essere chiare e rispettate. I cittadini devono liberare il mercato dai soggetti contigui alla criminalità e devono farlo con forza. Devono creare una barriera, non si può andare a patti. Non si possono fare affari con questi soggetti. Bisogna eliminarli. La parte sana di Catania, che è la maggiore, che cerca ogni giorno di far emergere la città, creando sviluppo. Questo si può fare in tanti modi ma devono essere i cittadini protagonisti di questo cambiamento“.
Ma come possono le persone comuni creare un muro contro la mafia?
“Anche attraverso un acquisto consapevole, per prima cosa, isolando quelle attività che palesano vicinanze mafiose“.
I soldi della Mafia provengono dalle più svariate parti “dall’usura, all’estorsione, al traffico di droga ma dobbiamo dimenticare l’immagine del mafioso ‘coppola e lupara’. Ormai la Mafia è un’impresa, un business. Oggi bisogna snidare e disinnescare soggetti che fanno affari con le pubbliche amministrazioni. Dobbiamo smontare un modello, garantendo pari diritti a tutti i cittadini“.
Quello che è più difficile da demolire è la mentalità mafiosa, che si palesa spesso in piccole cose che sembrano insignificanti. Come, ad esempio, quando chiamiamo l’ “amico” al Comune per avere un documento in tempo, oppure quando dopo un furto chiamiamo un altro “amico degli amici” per poter tornare in possesso del maltolto.
“Noi dobbiamo togliere i costumi, le abitudini e la mentalità mafiosa. Quando chiamiamo qualcuno perché ci hanno rubato la macchina, invece di sporgere regolare denuncia, e accettiamo di pagare il ‘cavallo di ritorno’ sottostiamo al potere mafioso e alimentiamo l’economia mafiosa“.
Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. I più giovani forse non li ricorderanno subito, ma sono gli uomini e le donne della scorta di Falcone e Borsellino, morti con i giudici, negli attentati di Capaci e via D’Amelio.
“Parlavamo di memoria e vorrei fare una riflessione. Si parla sempre di eroi, e i giudici e le scorte lo sono stati senza ombra di dubbio alcuno. Ma noi come Stato non dobbiamo avere bisogno di eroi. Noi non vogliamo che la gente muoia ammazzata per essere un eroe, non si può morire facendo il proprio dovere. Ognuno di noi deve fare la propria parte, svolgere il proprio dovere, senza la paura di essere ammazzato solo per aver svolto il proprio lavoro“.
Il messaggio che emerge da questo lungo incontro con il capo centro della Dia di Catania è la consapevolezza che la lotta alla Mafia non riguarda solo le forze dell’ordine, ma tutti noi, semplici cittadini che, protetti e garantiti dal lavoro delle Istituzioni, dobbiamo isolare e bloccare l’arroganza e lo strapotere mafioso.