CATANIA – Appropriazione indebita di somme di denaro e di fondi erogati dalla Regione: con questa accusa, Corrado Labisi, la figlia Francesca, la moglie Maria Gallo e i collaboratori Gaetano Consiglio e Giuseppe Cardì sono finiti in manette.
I soldi venivano sottratti all’ente di assistenza dei poveri della città, l’Istituto Medico Psico-Pedagogico “Lucia Mangano”, e venivano utilizzati per scopi personali. Dalle indagini è emerso che solo Labisi ha utilizzato impropriamente 1.341.000 euro, mentre la moglie 384mila.
Dall’operazione è emerso anche un profilo non proprio edificante dell’uomo, ritenuto soggetto socialmente pericoloso per le sue amicizie. Alcune di queste, facenti parte di taluni organi dello Stato e dei Servizi Segreti, come quella con un amico appartenente al Ministero della Difesa. In un’intercettazione, infatti, una frase è risultata eloquente: “Questa è una schifezza nei confronti di chi si batte per la legalità, vediamo a chi dobbiamo far saltar la testa”, riferendosi chiaramente a chi stava svolgendo le indagini.
Anche altri rapporti sono risultati poco raccomandabili, come quello con Giorgio Cannizzaro, esponente della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano.
Oltre a chiarire la posizione sociale di Labisi, le intercettazioni hanno consentito di ricostruire il meccanismo attraverso il quale venivano utilizzati i fondi per altri scopi, fino a creare un buco di 10 milioni di euro nella società di assistenza Lucia Mangano. Un vero e proprio rischio dal punto di vista sociale, sia perché molti bisognosi perderebbero una struttura di riferimento, sia per i 180 dipendenti.
Per questo, l’anno scorso, Corrado Labisi è stato costretto a dover vendere la struttura destinata a RSA a Mascalucia (Catania). A seguito di questa cessione, è stato ricomposto il consiglio di amministrazione, alla cui guida è stata posta la figlia Francesca che, di fatto, garantiva al padre di poter continuare a gestire l’intera struttura e le risorse economiche.
I due aiutanti, Gaetano Consiglio e Giuseppe Cardì, invece, sono stati complici per aver messo a disposizione le loro buste paga al fine di inserire delle voci che giustificassero alcune spese tra i 500 e i 1.500 euro.