CATANIA – La dipendenza dei giovani ormai la conoscono un po’ tutti, i videogiochi. Caso visto e rivisto ma fenomeno che non accenna a cessare.
Ma non è questo il problema, lo sono piuttosto l’applicazione al gioco che spesso va dalle 2 alle 4 ore consecutive, la supervisione, mancata tra l’altro, dei genitori e la trascuratezza della vita sociale e di tutte le attività che questa comprende.
Scuola, sport, compiti, faccende di casa, tutto può aspettare, tutto tranne quel gioco così tanto desiderato tutte le ore del giorno così come tutte quelle della notte. Il gioco non può aspettare, è un vizio, è assuefazione allo stato puro, e si sa, le abitudini sono difficili da lasciare.
Ma prendiamo tutto in modo positivo, quali applicazioni sono soliti usare i ragazzi? Ecco diciamo che il tentativo di prendere la cosa in maniera ottimista è fallimentare. I ragazzi e si parla di minorenni, spesso vogliono, comprano, richiedono, hanno nelle loro case giochi adatti ai maggiori di 18 anni.
Se poi in più mettiamo il fatto che a giocare ci si è abituati dalla nascita – non siamo ipocriti persino i più piccini li conoscono – la cosa diventa ancora più preoccupante.
Ma chi se ne preoccupa? Chi dovrebbe agire da supervisore? Oramai per i genitori sono utili proprio per sbarazzarsi dei figli in occasioni di emergenza e allora chi li attenziona? La risposta non viene affatto facile da trovare.
Apriamo gli occhi, i contenuti espliciti di tali applicazioni poi influenzano carattere e comportamento dei nostri bambini nei confronti di chi si trovano davanti a prescindere da chiunque esso sia.
Una cosa a proposito sarebbe anche da dire, non ci andiamo a lamentare per gesti sgarbati o parole offensive, chi è causa del suo male d’altronde alla fine dovrebbe andare a piangere infatti solo e soltanto se stesso.