Guardie mediche, scatta la lettera dei chirurghi e si attiva la macchina politica. È emergenza

CATANIA – Sedi disagiate ed elevata esposizione al rischio. Pochissime tutele e moltissima paura. Sono scenari disarmanti quelli denunciati da alcuni medici chirurghi anche attraverso il social Facebook. Le guardie mediche non sono sicure… men che meno video-sorvegliate come dovrebbero.

Ma a far esplodere il caso è stato l’ultimo episodio di cronaca che ha visto una dottoressa aggredita e sequestrata da due rapinatori a Nicolosi. Non si tratta di un caso isolato, infatti, le aggressioni sono più frequenti di quanto si possa immaginare… 

Dopo Nicolosi è stato rotto il silenzio con una lettera indirizzata al direttore generale della ASP 3 CT, ai direttori dei Distretti Sanitari, ai responsabili dei servizi di continuità assistenziale, al responsabile del servizio di prevenzione e protezione della ASP 3 Catania e al medico competente della ASP 3 Catania.

Scatta la lettera, dunque, e si attiva la macchina politica. La consigliera Ersilia Saverino è già intervenuta con un’interrogazione al comune e non è la sola… oggi pomeriggio anche il direttivo dell’Ordine dei Medici prenderà posizione. D’altra parte non è più tempo di pensare, bensì serve agire.

Ecco uno stralcio della lettera scritta dai medici: 

“I Sottoscritti Medici Chirurghi, tutti operanti nell’ambito del Servizio di Continuità Assistenziale della ASP 3 CT, facendo seguito alle reiterate richieste e segnalazioni inoltrate, anche a mezzo delle varie organizzazioni sindacali da cui sono rappresentati, rimaste, ad oggi, senza alcun riscontro, e tenuto conto dei recenti eventi avversi di cui sono stati vittima colleghi nel corso dello svolgimento della loro attività lavorativa, espongono e chiedono quanto segue:

Come noto alle SSLL, il Testo Unico 81/08 (con le sue successive modifiche ed integrazioni), nei suoi vari articolati, regolamenta la sicurezza nei luoghi di lavoro, affinché gli stessi siano idonei all’uso per il quale sono destinati, forniti di tutti gli opportuni requisiti strutturali, di sicurezza ed igienico sanitari necessari e previsti ex lege, nonché le forniture, dotazioni e quant’altro utile al fine di consentire il corretto espletamento del servizio.

Regolamenta, altresì, attraverso le proprie indicazioni, la tutela dei lavoratori ivi impegnati e la loro idoneità alla specifica mansione, attraverso l’effettuazione di analisi dei rischi e redazione di idoneo DVR, nonché a mezzo sorveglianza sanitaria indirizzata nei confronti dei lavoratori e in relazione ai rischi generici e specifici cui gli stessi sono sottoposti.

Nonostante le previsioni legislative (in precedenza, come noto, la regolamentazione era normata dal D.Lgs 626/94), le sedi ove viene svolto il servizio di C.A. nell’ambito territoriale della ASP 3 CT non risultano idonee all’uso per cui sono destinate, a causa di carenze e criticità che risultano, peraltro, foriere di condizioni di rischio per la salute e la sicurezza dei professionisti ivi operanti.

Non risulta, peraltro, agli scriventi, che sia stato redatto dai vari Dirigenti pro-tempore della ASP 3 CT idoneo DVR in collaborazione con il RSPP, che siano indicati e denunciati i rischi connessi alle varie postazioni di lavoro, che sia stato formato personale per le procedure antincendio, che siano stati previste vie di fuga e/o uscite di sicurezza nei presidi, né che siano stati individuati rischi ambientali e correlati all’ambiente di lavoro a possibile ricaduta sulla salute dei lavoratori ivi impiegati, ivi inclusa la valutazione dello stress lavoro-correlata, anch’essa prevista dalle normative vigent, etc. Si sottolinea, peraltro, che il professionista impegnato nel servizio di C.A. è soggetto svolgente attività usurante, in correlazione alla effettuazione di turni in maggioranza in orari notturni, e si ricorda come il raggiungimento di n. 80 turni notturni annuali, indicato all’art. 1 del D. Lgs 66/2003, sia livello dotato di una situazione di rischio maggiorata, che richiede specifiche misure di prevenzione e protezione (…)

È obbligo delle aziende sanitarie provinciali garantire la sicurezza del personale rispetto a possibili episodi di violenza che possono verificarsi presso i presidi di continuità assistenziale. A tal fine le aziende sanitarie provinciali provvedono entro 180 giorni dalla pubblicazione del presente accordo, attraverso i propri uffici preposti ad effettuare una ricognizione sullo stato delle postazioni adibite a sedi di continuità assistenziale nell’ottica dell’adeguamento alle norme vigenti in materia di sicurezza, dandone comunicazione al Comitato aziendale di medicina generale. 

Le misure minime di sicurezza che le aziende sanitarie sono tenute ad adottare riguardano: — sistemi diretti di allerta con le forze dell’ordine e sistemi di allarme sonoro; — sistemi di illuminazione efficienti, soprattutto all’ingresso delle sedi; — videocitofoni e sistemi di videosorveglianza con registrazione atti a riconoscere chi si trova all’esterno; — porte antisfondamento; — grate alle finestre). – dall’Accordo Integrativo Aziendale per la Continuità Assistenziale all’art. 11 (Sicurezza nelle sedi di lavoro – Si concorda che la ricognizione sullo stato delle postazioni adibite a presidi di Continuità assistenziale venga effettuata con cadenza semestrale in presenza del Coordinatore di presidio. Il competente Ufficio Tecnico Aziendale preposto per la predetta ricognizione dovrà comunicare, per conoscenza, al Comitato Aziendale gli esiti della verifica). Nonostante gli accordi siglati, non risultano poste in essere, ad oggi, alcuna “ricognizione” né opera per la valutazione e messa in sicurezza dei presidi e degli operatori”.

Adesso la palla passa alla politica… indifferenza o azione?