CATANIA – La città etnea, e in generale tutta la Sicilia, ha qualcosa che nel mondo non c’è ovunque: l’Etna; la Piana di Catania; la campagna e il mare, una delle cose più amate. Una regione dove c’è tutto a livello paesaggistico e che ha le credenziali per funzionare nel migliore dei modi.
Poi ci sono enti, industrie, luoghi turistici e quant’altro che rendono la città di Catania quanto più varia possibile: oggi ci soffermeremo sul Porto di Catania.
Trovandoci al Porto, abbiamo conosciuto Matheus, un giovane turista olandese che aveva fatto scalo a Catania per prendere il traghetto che lo avrebbe portato alla Valletta (Malta). Scambiando due chiacchiere, scopriamo che il ragazzo è un appassionato di porti marittimi: aveva visitato in Italia quello di Genova e di Capri, girando per il mondo anche i porti francesi, spagnoli e della Dalmazia.
Ci dice che ha fatto un giro per il porto etneo e noi gli chiediamo se gli è piaciuto, cosa c’è di bello e se c’è qualcosa che magari non va.
“Ho fatto tanta fila per entrare qui, c’era soltanto un ingresso. Perché non fare almeno due entrate? Si aspetta molto, inoltre c’è una rotonda che blocca il traffico. Il giro è poco efficiente. La biglietteria è un po’ diversa, gli addetti ai lavori sono gentili e cercano di velocizzare quanto prima possibile, il lavoro è fatto bene”.
Prima vi erano due entrate, questo però a Matheus non l’abbiamo detto: nascondiamo gli errori fin dove ci è concesso, soprattutto agli stranieri.
“È un porto abbastanza grande, ha dei margini di crescita. Voi sapete perché ci sono dei silos qui? Sono molto belli, soprattutto perché ci sono dei murales fantastici. Di solito però non stanno mai in un porto, sono macchinari agricoli”.
Stavolta a Matheus abbiamo detto la verità: i silos inizialmente erano alla Zona industriale di Catania, poi però sono stati spostati e appunto dipinti. Il porto era “spento”, la street art gli ha dato più vivacità.
Il turista ci ha poi detto due cose importanti, riguardanti container e darsena (vittima di un crollo lo scorso dicembre): “La prima cosa che si nota dopo essere entrati, a parte i silos, sono i container: non sono troppi? Si toglie la possibilità di vedere il mare, queste enormi casse sono anche un po’ ingombranti, non credete?”
Poi la darsena: “È grande, sembra poter reggere bene, ma quanti soldi si sono spesi per fare una cosa di queste! Ho sentito parlare di un crollo, è vero?”
Abbiamo confermato, spiegandogli (purtroppo) quanto accaduto supportati dall’articolo da noi pubblicato poco meno di due mesi fa.
“È un peccato, senza questo crollo avremmo parlato di poli turistici importanti”.
Traendo le conclusioni, il giovane ha riscontrato non poche carenze all’interno del porto ma anche cose positive, come i murales dei silos, la biglietteria e qualcosa che riguarda l’ambiente portuale: “La cosa bella qui è il silenzio, si sentono le onde del mare. Poi è anche divertente vedere la gente sedersi sulle banchine e pescare. Non importa se sia proibito o meno, non l’ho visto fare in molti porti. Ti dà spensieratezza, soprattutto quando vedi i nonni che insegnano ai propri nipoti a tenere una canna da pesca: si sente il rumore, il pesce abbocca e lo prendi tra le mani. Una sensazione bellissima, esperienza di vita. Bisogna valorizzare queste cose, ti fanno dimenticare i problemi che noti e le domande che ti poni su come tutto è costruito”.
La nostra chiacchierata si è chiusa così: consapevoli che i problemi ci sono, sono riscontrati da tempo e qualcuno si pone dubbi sulla faccenda ma, al di là di tutto, ci sono dei piccoli gesti che rendono il luogo significativo.
Al di là delle carenze, che però sono sempre quelle che bloccano il funzionamento del tutto.
Ed è su questo che si deve riflettere.
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