Giovanni Lizzio, l’ispettore ucciso in via Leucatia 28 anni fa: “Alla sua morte in alcune case di mafiosi furono stappate bottiglie di spumante”

Giovanni Lizzio, l’ispettore ucciso in via Leucatia 28 anni fa: “Alla sua morte in alcune case di mafiosi furono stappate bottiglie di spumante”

CATANIA – In via Leucatia c’è una piccola targa commemorativa posizionata sul muretto basso di un complesso residenziale che si erige ai bordi della carreggiata. Ricorda che in quella strada, la sera del 27 luglio 1992, venne assassinato Giovanni Lizzio, ispettore capo della Squadra Mobile della Questura di Catania. Una targa un po’ nascosta, a volte coperta allo sguardo dei passanti da alcuni cassonetti posizionati di fronte al marciapiede o dai venditori ambulanti che stanziano proprio là davanti. Nascosta come un po’ è anche il ricordo dell’ispettore capo, il cui nome non è forse così conosciuto come quello di altre vittime di Cosa Nostra.

L’assassinio di Giovanni Lizzio

Lizzio, responsabile della sezione antiracket, alle 21,30 circa di quella sera d’estate, era in auto, fermo a un semaforo in attesa di riprendere il tragitto verso casa, dove lo aspettavano la moglie e le due figlie. Venne avvicinato da 4 sicari che lo crivellarono di colpi: prima gli spararono al braccio destro, poi mirarono alla testa. Rimase ferito gravemente e morì pochi istanti dopo essere giunto al Pronto Soccorso. Aveva 47 anni.

La carriera nella Polizia di Stato

Giovanni Lizzio era nato a Catania il 24 giugno del 1947. Aveva iniziato la sua attività nella Polizia di Stato a Napoli, ottenendo successivamente il trasferimento nella sua città di origine. Prima era approdato nella sezione omicidi, poi era passato al nucleo anticrimine; infine, era diventato capo della sezione anti-racket.

Nel capoluogo etneo era considerato una vera e propria memoria storica di tutto ciò che riguardava la mafia: dalle dinamiche di Cosa Nostra ai volti e “curriculum” degli esponenti della criminalità organizzata.

I rapporti che era riuscito a intessere con i collaboratori di giustizia gli avevano permesso di ottenere preziose rivelazioni utili per portare avanti importanti indagini. Come quella che aveva concluso proprio poco prima di essere assassinato: il 18 luglio, infatti, un’operazione da lui condotta aveva portato alla cattura di 14 uomini del clan Cappello.

Il processo “Orsa Maggiore”

Il suo assassinio, inizialmente, non venne riconosciuto come omicidio di mafia: furono le successive dichiarazioni del collaboratore di giustizia Natale Di Raimondo a inquadrare l’episodio nel contesto della lotta di Cosa Nostra allo Stato. BenedettoNittoSantapaola è stato riconosciuto come mandante dell’omicidio e condannato all’ergastolo nel processoOrsa Maggiore“, con sentenza passata in giudicato.

Il ricordo di Giovanni Lizzio

Se la targa posta sul luogo dell’assassinio risulta poco visibile, lo stesso non può dirsi del murale dedicato all’ispettore. La sua figura, infatti, capeggia (insieme a quelle di altre vittime di mafia) sulle mura del carcere catanese Piazza Lanza in via Cesare Beccaria, voluto e curato dall’associazione Addiopizzo.

Secondo quanto riportato sulla scheda del sito della Polizia di Stato dedicata a Giovanni Lizzio, “alla sua morte in alcune case di mafiosi furono stappate bottiglie di spumante“.

Fonte foto: Facebook – Addiopizzo Catania