Furto allo Stato e bancarotta fraudolenta, nel mirino società edile di Catania: tra le opere la Torre Biologica di via Santa Sofia

CATANIA – Su richiesta della Procura, i finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Catania hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di 5 immobili del valore complessivo stimato di circa 3 milioni di euro, emesso dall’ufficio G.I.P. del Tribunale etneo, nell’ambito dell’indagine per bancarotta fraudolenta condotta nei confronti della “Si.Gen.Co. Sistemi Generali s.p.a.”.

La Si.Gen.Co. s.p.a., società già operante nel settore delle costruzioni edili, è stata dichiarata fallita nel 2013 dopo che era stata fatta la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo con un passivo di 80 milioni di euro. Tra le grandi opere realizzate e aggiudicate si ricordano l’aeroporto di Lampedusa, un lotto della strada “dei due mari” Gela – Santo Stefano di Camastra (ME), un ospedale di Mazara del Vallo (TP), alcuni lotti dell’autostrada Salerno- Reggio Calabria, l’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, il parcheggio sotterraneo dell’ospedale San Martino di Genova, la Torre Biologica di via Santa Sofia a Catania.

Già nel 2014, i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal tribunale di Catania, su richiesta di questa Procura, per oltre 3 milioni di euro per le ipotesi di bancarotta fraudolenta, truffa e falso attribuite all’amministratore pro tempore della società di capitali, Santo Campione e il figlio Pietro. L’odierna attività deriva dall’accertamento di altri casi di distrazione e dissipazione delle risorse finanziarie della Si.Gen.Co., destinate a soddisfare le pretese di Erario e imprese private.

Per tali episodi la misura patrimoniale del sequestro preventivo colpisce l’ulteriore profitto realizzato da persone di fiducia del defunto amministratore della società di capitali, l’Avv. Santo Campione, ossia gli indagati Raffaele Partescano, 46enne, e Rosaria Arena, 66enne. Raffaele Partescano risponde del reato di bancarotta fraudolenta, quale amministratore di diritto della Fortuna s.r.l., in concorso con l’allora amministratore della SI.GEN.CO. Santo Campione, in quanto ha tolto circa 2 milioni di euro versati dalla Si.Gen.Co. alla Fortuna s.r.l. senza una valida giustificazione economica.

La Fortuna s.r.l., che si occupava della gestione di alberghi, ristoranti e bar, era una società riferibile allo stesso nucleo familiare (costituita nel 2004 dai figli di Santo Campione) e, dunque, allo stesso centro di interessi economici. La somma di denaro veniva ripiegata, nell’arco temporale che va dal 2006 al 2012, nell’acquisizione di 4 immobili al comune di Catania dei quali uno usato come casa.

Rosaria Arena, quale socia della Si.Gen.Co. Service s.r.l. (società controllante la Si.Gen.Co. spa), concorreva nella bancarotta fraudolenta con il coniuge Santo Campione perché beneficiaria di un trasferimento di oltre 3 milioni di euro quale corrispettivo di una vendita di un terreno. L’operazione commerciale in questione è risultata essere assolutamente svantaggiosa per la Si.Gen.Co. s.p.a. in quanto la donna impegnava risorse finanziarie di quest’ultima per l’acquisto di un bene non funzionale all’attività d’impresa e a condizioni economiche del tutto fuori mercato.

Le somme così appropriate indebitamente erano destinate all’acquisto di un villino a Sant’Agata Li Battiti (CT). La complessa attività investigativa diretta dalla Procura è stata avviata in seguito allo sviluppo di alcune “segnalazioni di operazioni sospette” nei confronti di Santo Campione, nelle quali erano evidenziati anomali flussi finanziari diretti dai conti correnti societari ai rapporti bancari intestati allo stesso amministratore e ai suoi più stretti congiunti.

Gli approfonditi e complessi riscontri operati dalle Fiamme gialle etnee hanno consentito di ricostruire l’articolato percorso delle somme sottratte all’Erario, alla società e ai suoi creditori e indebitamente incassate dall’uomo, oltre a segnalare alla procura le connesse ipotesi di reati fallimentari. La Guardia di Finanza di Catania ha, dunque, oggi, provveduto a sequestrare un patrimonio costituito da 5 immobili (abitazioni, ufficio pubblico, magazzino e a bottega) costituente l’ulteriore profitto del reato contestato agli indagati, pari a circa 3 milioni di euro.