CATANIA – Una valanga piroclastica, generata dal collasso gravitazionale del fianco del cono del cratere di Sud-Est dell’Etna, ha coinvolto circa un milione di metri cubi di materiale, lasciando una cicatrice visibile anche dai satelliti.
È quanto emerso da uno studio condotto da ricercatori delle sedi Ingv di Catania e Pisa, pubblicato su Nature Communications Earth & Environment, che ha analizzato l’evento del 10 febbraio 2022, ricostruendone cause e dinamiche.
Un evento improvviso e altamente distruttivo
Secondo gli esperti, a innescare il fenomeno è stato un mix di accumulo rapido di materiale instabile, alte temperature residue e alterazione dei depositi superficiali. Ne è derivato un flusso piroclastico – composto da gas incandescenti, ceneri e frammenti vulcanici – che ha percorso ad alta velocità i fianchi del vulcano.
Le correnti piroclastiche sono tra i fenomeni vulcanici più pericolosi: si sviluppano improvvisamente e possono investire ampie porzioni di territorio in pochissimo tempo, rendendo particolarmente insidiose le fasi eruttive per chi frequenta le aree sommitale.
Mappa aggiornata della pericolosità e implicazioni per la sicurezza
Lo studio, spiegano i ricercatori Daniele Andronico e Francesco Zuccarello, ha permesso di calibrare un modello numerico in grado di produrre una nuova mappa di pericolosità dell’area sommitale dell’Etna. Uno strumento prezioso per supportare le decisioni in merito all’accesso turistico durante le fasi di attività e per rafforzare la gestione del rischio vulcanico.
La validità del modello è stata confermata da un nuovo evento, verificatosi il 2 giugno scorso, quando una seconda valanga piroclastica ha interessato il versante nord-orientale del cratere, formando un deposito esteso fino a tre chilometri di distanza.
Ricerca al servizio della Protezione civile
Il lavoro si inserisce nelle attività del progetto Panacea-Pianeta Dinamico, finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, e costituisce un contributo fondamentale per la prevenzione e la salvaguardia di escursionisti e operatori che frequentano l’area sommitale del vulcano, in un contesto geologico in continua evoluzione.