CATANIA – Turisti condotti in quota sull’Etna proprio mentre il vulcano entrava in fase eruttiva, costretti a fuggire, dopo l’eruzione, tra cenere, lapilli e fumo senza adeguata assistenza.
È quanto emerge da notizie di stampa e testimonianze che stanno suscitando crescente allarme sull’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate in quota.
Eruzione Etna: l’appello del Codacons
Il Codacons esprime forte preoccupazione per l’accaduto e chiede che le autorità competenti, Prefettura, Protezione Civile ed enti di monitoraggio, avviino con urgenza verifiche per chiarire se siano state rispettate tutte le procedure previste per garantire la sicurezza dei visitatori.
Secondo le ricostruzioni, l’accesso sarebbe avvenuto fino a quote superiori ai 2.500 metri, in una zona potenzialmente instabile, nonostante bollettini che segnalavano l’attività vulcanica in corso.
Inoltre, alcuni cancelli che avrebbero dovuto limitare l’accesso alle aree più pericolose risultavano aperti. Sindaci locali hanno parlato di “rischio concreto di catastrofe” e invocato “più competenza” e una gestione più rigida dei flussi turistici.
Si segnalano anche evidenti differenze nei protocolli tra i versanti Nord e Sud del vulcano, con disparità nei controlli e nell’interdizione delle aree a rischio. Questo dimostra l’assenza di un piano unitario e aggiornato di gestione dell’emergenza, elemento che il Codacons ritiene essenziale.
Le dichiarazioni
“Non è ammissibile – afferma il Codacons – che in un contesto così delicato si possano mettere a rischio l’incolumità delle persone. È necessario fare piena luce su quanto accaduto e rafforzare ogni misura di prevenzione”.
L’associazione chiede che si introducano regole più stringenti per l’accesso alle aree vulcaniche attive, con controlli puntuali, accompagnamento da guide esperte e piani di evacuazione sempre attivi e ben coordinati.