RIPOSTO – Il Ministro della Giustizia Nordio ha richiesto un’indagine immediata da parte dell’Ispettorato Generale riguardo alla vicenda che si è svolta a Riposto, ovvero il duplice omicidio delle due donne Carmelina Marino e Santa Castorina, che sarebbe stato commesso da un detenuto condannato all’ergastolo che era in permesso premio.
In seguito, l’individuo presunto responsabile delle morti, Salvatore La Motta, ha deciso di togliersi la vita davanti alla caserma dei carabinieri. La Motta era un detenuto condannato all’ergastolo per crimini legati alla mafia e per aver commesso un omicidio, che aveva ottenuto un permesso premio in regime di semilibertà.
Attualmente si sta procedendo alla verifica dei tabulati telefonici, messaggi e social network per capire il motivo di questo estremo gesto. Inoltre, secondo gli ispettori, i tre si conoscevano.
Chi era Salvatore La Motta
L’Avvocato e il tentativo di mediazione
“Avvocato sto venendo, vengo io” sono queste le parole di Salvatore La Motta che ha risposto al suo Avvocato Antonino Cristofero Alessi. La telefonata è stata fatta dalla Caserma dei carabinieri di Riposto, dove l’avvocato si trovava per un altro caso.
I militari lo hanno invitato a contattare il suo assistito, l’ergastolano in permesso premio, per convincerlo a costituirsi, poiché era ricercato dalle forze dell’ordine in relazione a due femminicidi avvenuti nella stessa zona.
“Ho chiamato La Motta utilizzando il viva voce – racconta il penalista – e gli ho detto di costituirsi ai carabinieri, di dirmi dove si trovava, che potevano andare a prenderlo e sapendo che poteva contare sulla mia presenza per l’immediata assistenza legale. Lui mi ha risposto ‘sto venendo, vengo io‘. La Motta – aggiunge – è arrivato cinque minuti dopo. Aveva un’arma in mano e mi ha chiamato Antonio, con il mio primo nome. I carabinieri gli hanno intimato di posare la pistola, e poi ho sentito lo sparo“.
L’ergastolano si è suicidato davanti alla caserma, l’avvocato aggiunge al riguardo: “Mai avrei immagino che potesse accadere tutto questo, non c’è stato nessun segnale pregresso, nessuno. Impensabile. Era un detenuto che aveva usufruito dei permessi di legge per buona condotta: lavorava a Riposto, prima in un panificio, poi in una rivendita di formaggi. Durante i due anni di Covid–19 dormiva a casa della sua famiglia, dal 3 gennaio, finita l’emergenza pandemica, rientrava la sera nel carcere di Augusta“.
“Le due donne uccise ieri – continua Alessi – erano due care ragazze. Non mi ricordo di contatti tra loro o con La Motta. Lui non era sposato e non so se frequentasse qualcuna in particolare, avevo capito che c’era una piccola storia in particolare, ma atteneva alla sua sfera privata e non al nostro rapporto professionale. Ma niente lasciava presagire minimamente a quello che è successo“, conclude.
In foto le vittime e il presunto assassino La Motta