ACI SANT’ANTONIO – La “Settimana europea per la riduzione dei rifiuti” è giunta ormai al termine e la Sicilia porta a casa un risultato di cui andar fieri. La nostra Isola, infatti, è la prima regione in materia di educazione e promozione di eventi sulla sensibilizzazione dei rifiuti.
Questi risultati, però, sono in contrasto con la situazione che gli amministratori comunali della Sicilia Orientale si trovano ad affrontare giornalmente. Nello specifico tra i nodi più importanti da sciogliere c’è quello della raccolta e dello smaltimento dell’organico.
I comuni della SRR di Catania (società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti), dalla scorsa estate, si trovano a dover far fronte ad alcune difficoltà causate dalla chiusura delle piattaforme di conferimento dell’umido. Si tratta di impianti privati, a volte troppo piccoli rispetto all’utenza.
Tutto inizia a giugno quando “Ofelia Ambiente chiude. Ofelia era la piattaforma di quasi tutti i comuni della SRR Catania Area Metropolitana. Parliamo di 28 comuni della provincia. La maggior parte di questi è stata indirizzata da Raco che non ha la capienza per fare conferire tutti i comuni e questo comporta innanzitutto che, anziché concedere sempre tre giorni di scarico, talvolta ne concede due, quindi una volta a settimana l’umido va a finire in discarica. In più ad agosto è rimasta chiusa per dieci giorni e ora a novembre per due settimane. Non credo che la colpa sia di Raco in sé, respingere i carichi anche per loro credo si tratti di un danno economico“, afferma Quintino Rocca, assessore all’Ecologia del comune di Aci Sant’Antonio, nel Catanese.
Quali conseguenze causa la chiusura di queste piattaforme?
“Il danno che si paga è sia ambientale per ovvi motivi, sia economico perché l’umido che non va nelle piattaforme di compostaggio finisce in discarica e ci costa quasi 50 euro in più a tonnellata. Poi c’è un altro tipo di danno che si va a verificare, ovvero che le persone perdono fiducia nel sistema, prestando il fianco al luogo comune del ‘tanto poi ammiscunu tutti cosi’, che, bisogna comunque ribadire, è una convinzione totalmente sbagliata”.
A ottobre la situazione si stabilizza e tutto fila liscio, ma a novembre una chiusura dello stabilimento di 10 giorni fa scendere la percentuale di raccolta differenziata, allontanando i comuni dall’obiettivo del 65% imposto sia dalla Regione che dalle normative europee.
Questo che danni porta ai comuni?
“I comuni incorrono in sanzioni se non raggiungono il 65%. Qui sta tutto il paradosso siciliano. Ci troviamo in questa situazione non perché le cose vanno male ma perché, da un certo punto di vista, le cose vanno bene, cioè i siciliani hanno cominciato a differenziare considerevolmente, e le piattaforme si sono quindi riempite. Non si può disconoscere un gran lavoro da parte dell’ingegnere Cocina in primis e delle amministrazioni locali in secundis. Però da qualche parte il meccanismo deve essersi bloccato se si chiede ai comuni di arrivare al 65% e appena essi si appropinquano a tale soglia, le piattaforma non hanno più capienza. I simboli di questo paradosso sono Catania e Palermo: queste due città sono le zavorre della percentuale di RD in Sicilia, però se così non fosse, se anch’esse cominciassero a differenziare con le percentuali che hanno i paesi di provincia, allora sarebbe il collasso. Una domanda mi permetto di porla io a voi: dove metteremmo l’umido di Catania e Palermo se esse cominciassero ad avere anche solo dieci punti percentuali in più?
La questione dei rifiuti resta materia delicata e tanti restano i nodi da scogliere nonostante gli ottimi risultati raggiunti dalla Regione e, soprattutto dai cittadini.
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