Covid-19, anche i parrucchieri “vittime” della crisi. Da Catania grido d’aiuto: “Troppe tasse, nessun aiuto”

Covid-19, anche i parrucchieri “vittime” della crisi. Da Catania grido d’aiuto: “Troppe tasse, nessun aiuto”

CATANIA – Disagi su disagi continuano a susseguirsi nell’ambito lavorativo per via della fase emergenziale, provocata dal Coronavirus, che l’Italia sta vivendo.

Entrando nello specifico, in Sicilia tanti sono stati i sacrifici delle persone, impiegati per portare avanti il proprio lavoro al momento in “black-out”.

Dalle grandi imprese fino alle più piccole. Nessuna è stata esclusa da questa ondata di crisi, abbattutasi con effetti devastanti. Un grido di aiuto arriva dalle tante persone che, adesso, pensano a come rialzarsi e a come ricostruire qualcosa attraverso le “macerie”.

Una testimonianza diretta arriva da Catania. Ai nostri microfoni è intervenuta Cettina Distefano, parrucchiera e proprietaria di un negozio, sito in viale Mario Rapisardi.

La situazione nella propria attività lavorativa

“Personalmente sto vivendo il tutto molto male. Ho difficoltà perché non sto ricevendo alcun sussidio da parte dello Stato. Non so come posso mantenere i dipendenti e il locale se le tasse continuano ad arrivare. Non dovevano farci pagare l’Inps. Da 16 anni pago tasse senza ritardi. Oggi mi ritrovo con 600 euro mensili, dopo aver pagato 30.000 euro di IVA annuali. Una persona si muove in base alla situazione economica che al momento vive. Siamo stati presi alla sprovvista, passando da 10 ore al giorno di lavoro ad avere zero entrate”.

Cosa ne pensa delle proteste attuali?

“Io sono d’accordo perché dobbiamo affrontare questa perdita di 60 giorni di chiusura. Tutto molto grave. Lo Stato non mi può dire che in un autobus salgono 15 persone, e in un negozio di 60 metri quadrati il parrucchiere deve lavorare con una sola cliente. Se questa fa un lavoro di 5 ore, cioè un lavoro tecnico importante, come colore e colpi di sole, come la si butta fuori in 90 minuti? Insostenibile”.

La ripartenza dall’1 giugno

“L’1 giugno io riaprirò, certo. Ma non pagherò al momento le tasse. Penserò a come portare avanti il mio personale. Ci sono persone con figli o quelle che vivono da sole. Tanti disagi. Ci si organizzerà con i turni, considerate le nuove restrizioni che ci permettono di stare soltanto in due. Alternerò i miei collaboratori, altrimenti come fanno? Non riescono ad andare avanti”.

Organizzazione e nuove modalità di lavoro

“Io ho già comprato tutto per tutti. I dispositivi di protezione individuale da fornire, tra cui visiere e mascherine. La sanificazione verrà fatta prima di aprire. Inoltre, tramite un accordo con un’azienda, durante l’attività ogni 18 ore verrà fatta la sanificazione. Non solo. Ho acquistato delle bombole che ogni sera vengono puntate e per 8 ore emanano prodotto sanificante. Quindi all’interno non ci saranno problemi. Ho quattro lavaggi. Metterò le clienti alle due estremità delle postazioni, distanziate da 1 metro e 70. Abbiamo verificato le misure io e mio marito”.

Quale situazione ci si aspetta in seguito alla riapertura?

“In giro c’è tanta paura. Ci sarà un calo della clientela madornale. Io porto avanti questa attività da 16 anni e da 25 anni faccio questo mestiere. Brutto perché si tratta di passione. Il mio lavoro lo faccio non tanto per questione economica bensì di amore. Il mio negozio è sempre stato in festa, sempre torte. Una famiglia. Mi creda, mi manca il terreno sotto i piedi dal punto di vista emotivo. Il conforto che si riceve dalle persone. La vita ti viene improvvisamente rubata”.

Un messaggio da lanciare

“Chiedo allo Stato di avere l’opportunità di riaprire almeno con due clienti la mattina e due la sera. Darci la possibilità di lavorare nuovamente. Se ci fossero dei supporti sarebbe meglio. Ma se lo Stato ci fa aprire con condizioni minime non possiamo coprire le spese. I 600 euro li abbiamo usati per mangiare. Pago 650 euro per il negozio e lo Stato me ne dà 600. Inoltre ho un mutuo per l’appartamento di 700 euro. Quindi mi dica lei come devo fare. Non pagherò nemmeno l’affitto al proprietario di casa mia perché non me lo posso permettere”.

Immagine di repertorio