CATANIA – A progetto chiuso, nel pieno di una stagione drammatica per la cerealicoltura siciliana, il gruppo operativo MIXWHEAT traccia il bilancio di tre anni di attività che hanno portato l’università di Catania, con il Dipartimento Di3A, in collaborazione con Rete Semi Rurali a trasferire alle aziende agricole partner, un’opportunità per affrontare gli effetti del cambiamento climatico ormai in atto, in una Sicilia sempre più calda e assetata.
Si tratta del miscuglio evolutivo di frumento che nell’ambito progetto MIXWHEAT (inserito nella sottomisura 16.1“Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura”, del PSR Sicilia 2014-2022), è stato seminato in quattro diversi areali siciliani per verificarne, appunto, la loro adattabilità.
“Terreni semiaridi e siccitosi stanno drammaticamente evidenziando la fragilità dei nostri sistemi agricoli”, ha esordito Paolo Caruso, Innovation Broker del progetto, nel corso del convegno finale.
Il miscuglio evolutivo nasce dall’idea di due scienziati toscani, Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, che avviarono in Siria le prime prove di campo.
“A partire dal 2007 pensammo al miglioramento genetico evolutivo come ad una strategia per gestire la agro-biodiversità, tanto flessibile da poter essere utilizzata direttamente dagli agricoltori – ha spiegato il professor Ceccarelli – abbiamo costituito tre popolazioni evolutive di frumento tenero, frumento duro e orzo, ottenendo circa 160 chili di seme di popolazione evolutiva che mandammo a cinque agricoltori in Siria e ai nostri partners in Algeria, Eritrea, Giordania e Iran, raccomandando che in ciascun paese il seme venisse suddiviso tra cinque agricoltori diversi. Il risultato fu straordinario”.
“L’incommensurabile diversità genetica evoluta nel tempo – ha aggiunto Riccardo Bocci, direttore di Rete Semi Rurali – può garantire agli agricoltori un miglioramento e, cosa ancor più interessante, una stabilizzazione delle rese rispetto a quanto osservato nella coltivazione delle varietà locali in purezza o in miscuglio”.
“Le popolazioni evolutive permettono di produrre pool genici in grado di adattarsi nel tempo ai cambiamenti climatici – ha spiegato Salvatore Luciano Cosentino, Di3A, coordinatore del progetto – sfruttando i diversi gradi di fitness dei genotipi costituenti il pool stesso perché assorbono le differenze climatiche tra un anno e l’altro molto meglio delle varietà moderne uniformi”.
“Esse sono il risultato – ha proseguito Giorgio Testa, docente Di3A – del miglioramento genetico evolutivo, una metodologia che ricolloca la ricerca dalle stazioni sperimentali alle aziende agricole, mantenendo lo stesso rigore scientifico, con lo scopo di adattare le piante all’ambiente senza che questo debba essere modificato”.
In Sicilia, il miscuglio evolutivo è stato battezzato Furat Li Rosi, dall’antico nome del fiume Eufrate (Furat) e dal produttore, Giuseppe Li Rosi che per primo, nel 2010, seminò questo mix di semi. Dal 2018 è disponibile come semente certificata dal CREA-DC.
La popolazione evolutiva di frumento Furat Tenero LI ROSI costituisce, dunque, il nucleo dell’innovazione collaudato con il progetto MIXWHEAT tramite la valutazione del suo adattamento in 4 macro-aree climatiche (pianura, collina, montagna e costa) in campi sperimentali dedicati (1 azienda-madre e 5 aziende-figlie per ogni macro area) in modo da avere semente adattata a livello locale da distribuire ad una rete di agricoltori interessati, sensibilizzati grazie ad opportune azioni di dimostrazione.
“Questa innovazione consentirà di riportare diversità nel settore cerealicolo biologico o basso input – ha illustrato il coordinatore Salvatore Luciano Cosentino – andando a risolvere il problema dell’assenza di varietà adatte a questi sistemi colturali e rendendo più resiliente ai cambiamenti climatici la cerealicoltura siciliana. L’innovazione sarà gestita dagli agricoltori e diffusa con una licenza open source per garantire il più ampio accesso da parte di altri utilizzatori“.
Il progetto della durata di tre anni ha visto protagonisti, appunto, l’Università di Catania (Di3A) e Rete Semi Rurali per gli aspetti scientifici; le aziende agricole, tutte operanti in regime di agricoltura biologica certificata, Dara Guccione Biofarm, Agricola Cavalli, Green Bio di Terre di Sant’Agata, Società Agricola di Pietro e Filippo Riolo, Terre Frumentarie di Giuseppe Li Rosi, Antichi Granai dei f.lli Mirella Santa e Salvatore Passamonte, e il Molino Quaglia, quest’ultima azienda in possesso di una metodologia di molitura innovativa che consente di ottenere un prodotto apprezzato da una vasta platea di valorizzatori di elevato standard.
MIXWHEAT è stato anche di ispirazione a due aziende agricole partner del progetto, provviste di un mulino a pietra di proprietà, per commercializzare le farine ottenute dalla popolazione Furat, chiudendo in questo modo piccole filiere locali.
“La popolazione evolutiva ha avviato un processo innovativo in agricoltura biologica – ha commentato Giuseppe Li Rosi – spingendo gruppi di agricoltori a collaborare tra loro per produrre una materia prima nuova che ha coinvolto le aziende di trasformazione, come i molini. Insomma, un’occasione per distinguersi nel mercato”.
“Sono ancora prodotti di nicchia – ha concluso l’innovation broker – intercettano un pubblico particolarmente attento alla sostenibilità e alla salubrità degli alimenti ma siamo convinti che anche MIXWHEAT farà da viatico per la diffusione ulteriore delle popolazioni evolutive”.
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