CATANIA – È iniziato a Catania, con la costituzione delle parti e le prime eccezioni procedurali, il processo a Martina Patti, la 24enne rea confessa dell’omicidio della figlia Elena, di 4 anni, uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia.
Il processo si sta svolgendo nella prima Corte d‘Assise sotto la presidenza di Sebastiano Mignemi. Il giudice ha deciso di sospendere i termini della custodia cautelare e l‘udienza è stata rinviata al prossimo 23 giugno. La Procura ha formulato le accuse di omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato nei confronti dell’imputata.
I nonni paterni e il padre della giovane vittima si sono costituiti parte civile rappresentati dall’avvocato Barbara Ronsivalle. L’imputata è assistita dal penalista Gabriele Celesti. Le indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Catania sono state coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Assunta Musella.
Martina Patti, la madre della bambina, è stata identificata come l’autrice dell’omicidio, avvenuto probabilmente in un campo abbandonato vicino a casa. Successivamente, la donna ha cercato di simulare il rapimento della piccola all‘uscita dall‘asilo. Nonostante la confessione del delitto, Martina Patti non ha fornito alcuna spiegazione sul motivo del suo gesto.
Una delle ipotesi considerate dai carabinieri del Comando provinciale di Catania è la gelosia nei confronti dell‘ex compagno e padre di Elena, Alessandro Del Pozzo, di 24 anni. Si suppone che la serata trascorsa da Elena con i nonni paterni e la felicità dimostrata dalla bambina nel rapportarsi con la nuova compagna del padre abbiano potuto innescare la tragedia.
La sera precedente all’omicidio, Elena ha dormito a casa dei nonni. La mattina seguente, la zia l’ha accompagnata all’asilo e la madre l’ha ripresa per portarla a casa a Mascalucia. Successivamente, Martina Patti è uscita di nuovo in auto per creare una diversivo, per poi rientrare nell’abitazione. È durante questo intervallo di tempo che si ritiene sia stato commesso il delitto. Successivamente, la donna ha messo in atto la sua finta sceneggiata: ha telefonato ai genitori e al padre di Elena per segnalare il falso rapimento, è tornata a casa e accompagnata dalla madre e dal padre, si è recata dai carabinieri per denunciare la falsa scomparsa.
Foto di repertorio
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