CATANIA – Certe volte, ciò che si vede in TV viene direttamente proiettato nella realtà. Storie di rispetto, affetto, amore e, per certi versi, immortalità sono possibili anche nel mono reale, nella vita di tutti i giorni. La pandemia ci ha insegnato che non c’è bisogno di un mantello e dei superpoteri per essere considerati eroi; basta sacrificarsi, regalare un sorriso a chi ne ha bisogno e, fino a quando è possibile, lottare. È la storia di diversi medici, che hanno combattuto e stanno combattendo in prima linea contro un mostro chiamato Coronavirus, è la storia anche di chi, però, non ce l’ha fatta. Caduto, neanche per mano del male più tristemente famoso del momento, ma per altre malattie, che nell’ombra e lasciate da parte continuano a mietere vittime.
Il male cambia nomi e forme, ma porta con se lo stesso risultato e la medesima sofferenza. È la storia di Cristian Ilardi, responsabile del reparto Rianimazione del Policlinico di Catania, morto a soli 44 anni per un brutto male. Un uomo che ha perso la sua battaglia, ma che, leggendo il tenore dei messaggi di cordoglio in suo onore, è uscito da questa vita a testa altissima. Un medico, anzi il medico, che oggi verrà salutato per l’ultima volta alle 16 al Duomo di Catania.
“A lavorare in ospedale si forma la scorza“, non per Cristian. Chi ha avuto la possibilità di conoscerlo lo descrive come una persona piena di gioia, sempre sorridente, nonostante abbia dovuto sopportare la morte di affezionati pazienti, nonostante le circostanze avverse della vita, nonostante le lotte e i turni interminabili. “Ricordo ancora quando tanti anni fa, durante un accertamento di morte cerebrale su una ragazza, scrissi questo pensiero sulla morte. Ti piacque tanto e mi dicesti che era molto bello e che io ero una ragazza molto sensibile. Tutto avrei potuto immaginare, tranne che oggi te l’avrei dedicato“, esordisce così Alda nel suo post Facebook dedicato a Cristian.
Un pensiero, quello sulla morte, profondo e che rispecchia la personalità dell’eroe caduto. Un pensiero da ascoltare in religioso silenzio, un silenzio che sa di profondo rispetto verso una persona che in vita ha regalato gioia anche a chi stava vivendo momenti terribili. “‘Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita, ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità’. Impossibile dimenticarti. Hai lasciato un vuoto incolmabile in chiunque abbia avuto l’onore di incontrarti nella sua vita professionale e personale. Porta il tuo sorriso lassù. Ovunque proteggi. Ciao Cri“, conclude il post Alda.
Vengono i brividi a leggere queste parole. Parole che sono una sorta di attestato di immortalità per Cristian. Perché quando si lascia un ricordo indelebile ai cari e anche a chi è entrato di passaggio nella nostra vita, vuol dire che dentro di se si ha qualcosa di unico e speciale. Una forma di rispetto che va oltre i soldi che si “tirano su”, oltre i sacrifici e il lavoro svolto in vita. È un qualcosa che riguarda il profondo di un essere umano, la sua anima, un qualcosa che non si può, forse, pienamente comprendere.
Ed è così che emerge l’immagine di un eroe, il cui superpotere era proprio il sorriso. Un sorriso che non perdeva neanche quando andava faccia a faccia con la morte, neanche quando aveva la vita di qualcun altro appesa a un filo. È così che lo ricorda Rossella: “Ciao Cristian, mi piace immaginarti che ridi con noi da lassù. Mi sembra ancora ieri quando ci dicevi in sala operatoria: ‘Operiamo non ci sono problemi’, anche quando ci trovavamo davanti a situazioni complicate .Ma soprattutto la tua risata ci rasserenava sempre, in ogni situazione, perché tu eri non solo un grande lavoratore, ma una persona unica e speciale“.
Unico, speciale, è questo il tenore di tutti, ma proprio tutti i messaggi in onore di Cristian. Un uomo che ci piace pensare possa essere morto con il sorriso. D’altronde era abituato ad andare faccia a faccia con la morte, con la paura di un essere umano, ma un sorriso alieno, più contagioso della pandemia. “Non guardavo mai i turni quando andavo a lavoro. Se trovavo Cristian Ilardi ero felice. Sapevo che sarebbe stato un turno diverso dagli altri. Un gran bravo ragazzo, un medico eccezionale. Un rianimatore cazzuto, che riusciva a trasmettere serenità“, scrive ancora Giuseppe.
Toccante Gabriele, che se la prende con il tempo, troppo poco per godersi a pieno una persona e personalità del genere: “Ci hai preso in giro una volta. Tutti addolorati senza motivo. E già pensavo alle risate che un giorno ci saremmo fatte, ripensando a tutte le condoglianze fuori tempo. Perché il tempo, certo, prima o poi arriva. Ma non poteva ritardare ancora? Non potevi scherzare ancora?“.
Ci scherzava pure con la morte. Sembrerebbe che non sia riuscito mai a odiarla del tutto, ci andava a braccetto e la faceva vivere più serenamente a tutti. Forse è per questo che oggi, in mezzo a tante lacrime, qualcuno strapperà un timido sorriso. Il sorriso per quel che è stato e per quel che Cristian ha lasciato, un sorriso per i numerosi pazienti ancora da curare seguendo il suo esempio. Un sorriso che sa ancora di Cristian Ilardi, il responsabile del reparto Rianimazione del Policlinico di Catania, morto fisicamente, immortale nei cuori di parenti, amici e colleghi.
Fonte immagine Facebook – Paolo Caronia