Catania, cadavere di pescatore in via Toledo. Scoperta piazza di spaccio: arrestate sorelle e mariti – I NOMI

Catania, cadavere di pescatore in via Toledo. Scoperta piazza di spaccio: arrestate sorelle e mariti – I NOMI

CATANIA – Su delega della Procura della Repubblica di Catania, i carabinieri della compagnia di Catania Piazza Dante, supportati dai reparti specializzati dell’Arma (Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento “Sicilia” e Nucleo Cinofili), hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nei confronti di quattro persone indagate, a vario titolo, del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

L’indagine

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica etnea e condotta dal Nucleo Operativo della suddetta compagnia carabinieri, trae origine dalla scoperta del cadavere del pescatore catanese G.S., 57 anni, avvenuto lo scorso 20 febbraio 2021, quando alle ore 6,37 era stata segnalata al 118 la presenza di un corpo esanime disteso supino nel cortile antistante una palazzina di case popolari sita in via Toledo 51.

Resisi inutili i soccorsi, i carabinieri intervenuti immediatamente sul posto, dopo aver identificato il corpo, ispezionato il suo cellulare ed escusso tutti i possibili testimoni nonché gli abitanti della palazzina in questione, hanno focalizzato e indirizzato l’attività investigativa su un possibile traffico di sostanze stupefacenti proprio all’interno di quello stabile ove la vittima, alle prime ore di quella mattina, si era probabilmente recata per acquistare cocaina, di cui da qualche tempo ne sarebbe diventato dipendente.

Tale ipotesi investigativa, secondo gli inquirenti, avrebbe trovato riscontro sia dall’analisi delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona, che dall’esito dell’esame autoptico sul cadavere dal quale è emerso che la morte dell’uomo era da ricondurre a un infarto del miocardio complicato da una rottura del cuore a seguito di una acuta intossicazione di cocaina in un soggetto assuntore abituale.

In manette due sorelle e i mariti

I militari del Nucleo Operativo di Piazza Dante hanno quindi intrapreso una serie di attività tecniche (intercettazioni telefoniche e ambientali) che hanno consentito di disvelare come all’interno dell’abitazione sita al terzo piano della palazzina di via Toledo 51, in uso a Giuseppe Cannone, 53enne già noto alle forze dell’ordine per precedenti specifici, vi fosse una vera e propria piazza di spaccio a gestione familiare, diretta dallo stesso Cannone avvalendosi della stretta collaborazione della compagna Alfia Litrico, 42 anni, della cognata Adriana Litrico, 28 anni, e di suo marito Alfio DIgnoti Parenti, 31 anni.

L’acquisto di cocaina dopo una battuta di pesca

L’attività investigativa ha permesso non solo di ricostruire le ultime ore di vita del pescatore il quale, al termine di una notte di lavoro in mare, aveva deciso di acquistare cocaina dalla famiglia Cannone e di assumerla subito, prima di rientrare a casa, sottoponendo il cuore, già affetto da altre patologie connesse con la sua dipendenza, ad un grado di tossicità irreversibile e tale da provocare un arresto cardiaco fulminante che lo colpiva a pochi metri dalla palazzina, ma anche di far emergere la fiorente e strutturata attività di spaccio, prevalentemente di crack e cocaina, in cui ciascuno degli odierni destinatari di misura cautelare aveva un ruolo ben delineato.

I ruoli degli arrestati

In particolare – secondo gli inquirenti – Giuseppe Cannone, oltre e a mettere a disposizione la propria abitazione, avrebbe diretto le operazioni, il confezionamento e la vendita dello stupefacente, ricevendo le ordinazioni e spesso lo cedeva in prima persona; Alfio D’Ignoti Parenti, avrebbe seguito le disposizioni del cognato, occupandosi principalmente della vendita al dettaglio anche in orario notturno; mentre le sorelle Alfia e Adriana Litrico, avrebbero partecipato attivamente al progetto criminoso dei compagni, preparando quotidianamente le dosi di stupefacente destinate alla vendita nonché tenendo la contabilità dei proventi dell’attività illecita.

Numerosi sono stati gli episodi di spaccio documentati dai militari dai quali è emerso come, nei giorni immediatamente successivi alla morte, l’attività illecita della famiglia Cannone non si fosse interrotta ma avesse soltanto ingenerato negli indagati la decisione di evitare la vendita indiscriminata di stupefacenti agli acquirenti sconosciuti che continuavano a presentarsi fuori la loro porta (come nel caso della vittima G.S.), e quindi di privilegiare le cessioni di quantitativi più consistenti di stupefacente esclusivamente ad acquirenti di fiducia.

Cannone e D’Ignoti Parenti sono stati sottoposti alla misura cautelare in carcere, mentre le donne sono state sottoposte agli arresti domiciliari.

Le immagini video

 

 

Intervista al Capitano Roberto Martina, comandante della Compagnia carabinieri di Catania Piazza Dante

 

 

Immagine di repertorio