CATANIA – Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica etnea – Direzione Distrettuale Antimafia, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, con la collaborazione e il supporto dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), hanno dato esecuzione in sei regioni (Sicilia, Lombardia, Veneto, Lazio, Piemonte e Friuli Venezia Giulia) e 7 province (Catania, Roma, Milano, Novara, Udine, Varese e Verona), oltre che in Bulgaria, a due provvedimenti di sequestro patrimoniale in materia antimafia (uno emesso dal G.I.P. del Tribunale di Catania e l’altro, d’urgenza, dall’Ufficio etneo della Procura) relativi a quote societarie e compendi aziendali riconducibili a imprenditori legati al clan Scalisi, articolazione territoriale della famiglia mafiosa Laudani.
Nel dettaglio, l’attività d’indagine ha tratto origine dalle minuziose attività di perquisizione svolte dal Nucleo PEF della Guardia di Finanza di Catania lo scorso 10 febbraio, che, tra l’altro, avevano portato al sequestro di oltre 1 milione e 900 mila euro in contanti.
La conseguente disamina della copiosa documentazione bancaria ed extracontabile acquisita in sede del primo intervento ha consentito di accertare la riconducibilità, in capo a due imprenditori catanesi – arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa (contestazione accusatoria confermata dal Tribunale di Catania, in sede di riesame) – di ulteriori società, aventi sede a Catania, nel nord Italia e anche in territorio estero, operanti nel settore dei trasporti e della commercializzazione dei prodotti petroliferi.
Le ulteriori indagini patrimoniali, condotte dalle unità specializzate del GICO del Nucleo PEF Catania con il prezioso ausilio dello SCICO, hanno così reso possibile la completa ricostruzione degli investimenti degli illeciti proventi del boss storico del clan Scalisi – locale articolazione su Adrano della famiglia
mafiosa Laudani – Giuseppe Scarvaglieri, soggetto apicale del sodalizio attualmente sottoposto al regime detentivo dell’articolo 41-bis o.p., in attività imprenditoriali gestite dal nipote, Salvatore Calcagno, nonché da Antonio Siverino e dal figlio Francesco.
Questi ultimi, a loro volta, utilizzavano diversi prestanome per la costituzione di numerose società, operanti sull’intero territorio nazionale.
In esito alla complessa e articolata attività di indagine del Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania e dello SCICO, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, su proposta dell’Ufficio della Procura etnea, ha pertanto:
Si evidenzia inoltre che, per il tramite di EUROJUST, le attività si sono estese anche in territorio bulgaro, in relazione al sequestro delle quote e delle disponibilità della società di diritto bulgaro, parimenti riconducibile ai due imprenditori catanesi.
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